Il ministro Giuseppe Pisanu si sgola: i centri di permanenza temporanea (Cpt) che ora il centrosinistra vuole chiudere non li ha inventati la legge Bossi-Fini, ma la Turco-Napolitano nel febbraio 1998, governo Prodi. Ed erano previsti, in forme diverse, anche dalla legge Martelli del 1990. Livia Turco, ministro della Solidarietà sociale, li difese come «l'unica strada politicamente ed eticamente percorribile - disse all'«Unità» - a meno di non voler lasciare tutto come stava, o di non voler considerare l'immigrazione clandestina alla stregua di un reato». Giorgio Napolitano, titolare degli Interni, spiegò la necessità di impedire che «gli immigrati che vengono espulsi possano, anche per settimane, prima di essere accompagnati alla frontiera, circolare liberamente e sottrarsi in pratica alla legge». Argomenti usati anche dal governo attuale: «Strutture indispensabili per il controllo dell'immigrazione clandestina», le ha definite Pisanu.
L'opposizione ai Cpt insorse subito. La sinistra radicale dei verdi e di Rifondazione, pacifisti e centri sociali, Caritas e Amnesty International aprirono le ostilità. Già allora fu contestata la chiusura dei centri alle associazioni. Fu posta una questione di costituzionalità. Fu denunciato il «rischio esplosione» perché la pressione migratoria si faceva sempre più intensa. Le raccolte del Manifesto traboccano di titoli contro i Cpt: «Gabbie illegittime», «I luoghi oscuri dove scompare il diritto civile», «Centri di detenzione» li avevano battezzati già nel 2001 prima della vittoria elettorale della Casa delle libertà. Con il governo Berlusconi la campagna si intensifica: lager, centri d'umiliazione, centri-prigione. Gianfranco Bettin, per dieci anni prosindaco di Venezia e nume tutelare dei «disobbedienti», evoca lo spettro di Guantanamo assai prima di Nichi Vendola.
A Palazzo Chigi c'era Giuliano Amato quando scoppiò il caso del centro di via Corelli a Milano, una «clinica psichiatrica camuffata da bunker» (sempre dal Manifesto) aperta, chiusa, ristrutturata, riaperta, teatro di scontri, scioperi della fame, pestaggi, suicidi, rivolte scoppiate a intervalli quasi regolari, l'ultima lo scorso maggio. Disordini anche a Bologna, Lecce, Trapani, Modena, Agrigento, Crotone. Ma la sinistra ha taciuto, lasciando la battaglia contro le «prigioni per stranier» all'ala più estrema: a Rifondazione, alle ispezioni dei parlamentari comunisti ad Agrigento e Lampedusa. E soprattutto agli assalti dei no-global verso le nuove strutture che man mano sorgevano in Italia.
I presìdi e i cortei iniziali sono stati soppiantati da assalti organizzati. In via Mattei a Bologna l'assedio fu posto nel 2002, prima ancora dell'inaugurazione, mentre nel marzo 2004 scoppiò una rivolta con clandestini in fuga e «disobbedienti» a coprirli. Le cariche al «Regina Pacis» di Lecce non si contano. Il 20 maggio scorso i no-global piemontesi hanno tentato addirittura di demolire il muro del Cpt di corso Brunelleschi con mazze e martelli per protestare contro «i fatti gravissimi di questi giorni», cioè la morte di due senegalesi durante controlli antidroga e l'espulsione di tre romeni dopo la quale i clandestini avevano incendiato materassi. Negli scontri tra ragazzi dei centri sociali e polizia sono rimasti feriti tre agenti.
Oggi i centri sono 15, possono ospitare 1822 persone, altri quattro stanno per essere aperti. I giudici di pace, che da settembre sono competenti in materia di espulsioni, non sono catastrofisti sulle condizioni dei Cpt. «Non sono carceri - dice il segretario generale dell'Unione dei giudici di pace, Gabriele Longo -. Certo, i problemi non mancano; diciamo che sono un po' come gli ospedali: nessuno vorrebbe entrarci ma capita di esserci costretti. I colleghi, comunque, non mi hanno mai segnalato episodi gravi. C'è poi da dire che le condizioni all'interno dei Cpt non sono create solo da chi organizza i centri, ma anche da chi ci sta dentro: un immigrato può avere problemi anche da un compagno di stanza».
Caritas, Amnesty international, Medici senza frontiere hanno invece sfornato dossier sempre impietosi sulla condizione dei centri, anche se - ha ammesso Amnesty - «non è sempre possibile confermare la completa veridicità di tutte le denunce». La sinistra «di governo» si è svegliata da poche settimane, con la crociata indetta dal nuovo governatore pugliese contro i Cpt. Alternative? Zero. Però si apre lo scontro con Berlusconi.
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