Politica

LA POLITICA DELL’ELEMOSINA

Non passa giorno senza che le opposizioni, nelle loro rissose componenti di sinistra e di centrosinistra, trascurino di dare lezioni di rigore, di buona amministrazione e di moralità - va da sé - al governo e alla maggioranza di centrodestra. I grilli parlanti abbondano in quello schieramento dove si mostra di predicar bene ed è anche successo che proprio le sinistre e certe frange di cattolici di sinistra, storicamente sorde al sentimento dell’unità nazionale, abbiano dato lezioni di retorica patriottarda ai moderati in occasione del dibattito sul federalismo. Tutte le opposizioni - ricordate? - hanno lacrimato sul tricolore, e con una mano sul portafogli hanno chiesto: quanti miliardi e miliardi di euro costerà il federalismo del centrodestra? Era chiaramente una domanda retorica, fatta sulla previsione di calcoli cervellotici destinati a seminare la paura della bancarotta. Ma oggi è possibile dire con esattezza quali aggravi di spesa per l’Inps ha comportato l’aborto di federalismo voluto nel 2001 - sul finire della legislatura a colpi di maggioranza - dal centrosinistra con la riforma del titolo V della Costituzione. Con quell’innovazione fu trasferita alle Regioni la competenza per accertare con le commissioni mediche delle Asl e assegnare le pensioni di invalidità. Le pensioni, sia chiaro, le avrebbe pagate l’Inps, ma a decretarlo sarebbero state le Regioni. Ebbene, in pochi anni, dal 2001 al 2005, le pensioni di invalidità sono cresciute in tutta Italia del 23,7 per cento; il costo ultimo è di oltre 11mila miliardi di vecchie lire, 3mila in più rispetto al 2001. Il fenomeno ha interessato, sia pure in misura e con motivazioni diverse, tutte le Regioni del Paese. La Lega Nord continua a criticare soprattutto il Mezzogiorno, ma sta di fatto che l’aumento più rilevante delle pensioni di invalidità si è registrato sì in Campania con una crescita del 47,3 per cento, ma l’Umbria ha fatto segnare un significativo 47 per cento. Curiosamente, le stesse due Regioni, entrambe gestite dal centrosinistra, hanno fatto registrare il massimo dell’indebitamento. La Campania e l’Umbria rosse riescono a far danni sia che spendano i loro soldi, sia che distribuiscano quelli dell’Inps. L’abuso delle pensioni di invalidità non è soltanto una questione di spesa pubblica, di rigore e di risparmio, è anche, forse soprattutto, una questione di moralità e di stili politici. La proliferazione di questi sussidi e la prosecuzione irresponsabile e diseducativa di un assistenzialismo che non ha aiutato gli strati più fragili della popolazione, ma spesso li ha inchiodati in un limbo di minorità e lontananza civili. Che li ha portati a dipendere da portaborse e da politici di basso rango, facendo loro credere che la democrazia possa anche essere un misto di furbizia e di elemosine. L’assistenzialismo è stata anche la faccia malamente mascherata del clientelismo, l’abitudine per certi partiti e per talune corporazioni politiche di acquistare consensi per sé pagando col denaro di tutti. Vecchia storia. Ma i pericoli di una degenerazione nel sistema delle pensioni di invalidità erano evidenti, dovevano essere evidenti ai riformatori del titolo V della Costituzione. Non si possono delegare le Regioni a spendere i soldi dell’Inps. In questo senso dice il vero il ministro Maroni quando afferma che in un federalismo responsabile gli amministratori regionali devono anche fare i conti con le conseguenze della loro carità pelosa e della loro liberalità sospetta. Questa vicenda è soltanto un esempio della mancanza di cultura di governo del centrosinistra e delle sinistre.

Un caso di invalidità e di inabilità politica.

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