
Si intensifica il dibattito sui dazi Usa sulle importazioni europee, una "minaccia" sull'economia dell'Ue e sull'export italiano. Giorgia Meloni, in un'intervista al Tg1 in occasione dei 1000 giorni del suo governo, ha ribadito che va "scongiurata in ogni modo possibile una guerra commerciale tra le due sponde dell'Atlantico, che non avrebbe alcun senso". Il tema dei dazi è al centro del dossier gestito dalla Commissione europea, con l'obiettivo di trovare un accordo entro il 1° agosto. Valter Quercioli, presidente di Federmanager, l'associazione che rappresenta i dirigenti italiani, lancia un monito chiaro: "L'Unione europea deve agire come un blocco coeso di fronte alla guerra commerciale che rischia di compromettere il posizionamento delle produzioni italiane sull’importantissimo mercato USA".
L'aumento dei dazi al 30% annunciato da Donald Trump tramite una missiva indirizzata a Bruxelles, secondo Quecioli, non è "solo una minaccia economica, ma anche una sfida diretta per l'industria italiana che dovrà fare tesoro di questa prova comunque vada". Se l'ipotesi dei dazi dovesse concretizzarsi, l'impatto economico sarebbe "molto significativo", sottolinea il presidente di Federmanager. Oltre 35 miliardi di euro di esportazioni italiane dovrebbero infatti trovare nuovi mercati di sbocco. I settori più vulnerabili sono tra quelli "più strategici" per l'Italia: agroalimentare, farmaceutica, automotive e chimica. Federmanager è l'associazione più rappresentativa nel mondo della dirigenza e la voce di Quercioli è quella di migliaia di operatori dei settori chiave dell'economia italiana, che ora temono ripercussioni gravi.
"Le perdite per l’agroalimentare potrebbero raggiungere i 2,3 miliardi di euro, con aumenti tariffari fino al 45% per i formaggi, 35% per i vini e 42% per le conserve e le marmellate. La farmaceutica, che rappresenta una parte significativa dell’export italiano, rischia danni superiori a 4 miliardi di euro", ha proseguito il presidente Quercioli, prospettando le possibili conseguenze degli scenari economici. Proprio a fronte di questo, ha aggiunto, "la risposta deve essere unitaria e forte. I nostri manager sono già pronti ad attuare soluzioni alternative per le imprese in cui operano ma diventa fondamentale da parte delle istituzioni una strategia e degli investimenti per sostenerli in questa sfida complessa". L'apertura a nuovi mercati, infatti, richiede "conoscenze, investimenti, un supporto concreto dalle rappresentanze e organismi che operano sul piano internazionale e, naturalmente, adeguate competenze manageriali".
Federmanager si pone in prima linea "per offrire agli interlocutori istituzionali le migliori competenze manageriali, in grado di definire politiche industriali e commerciali incisive anche in risposta ai mutevoli scenari
internazionali". La Federazione è pronta a proporre "soluzioni concrete" che tengano conto delle esigenze di cittadini e imprese, promuovendo al contempo innovazione, sostenibilità e rafforzamento della competitività.