
Moody’s cala la scure sul debito pubbico americano. L’agenzia, infatti, ieri sera ha abbassato il rating degli Stati Uniti da “Aaa” a “Aa1”, togliendo di fatto al Paese l’ultima “tripla A” tra le tre grandi sorelle del credito internazionale. Una decisione che pesa come un macigno e che arriva in un momento delicato per l’economia a stelle e strisce.
A preoccupare Moody’s è la traiettoria di progressivo peggioramento imboccata dal debito federale, arrivato a quota 36mila miliardi di dollari, il 98% del Pil. Ma soprattutto, ciò che manca - e che l’agenzia sottolinea senza giri di parole - è una strategia credibile per rientrare dal deficit. Gli interessi da pagare sul debito superano già la spesa per la difesa e rischiano di diventare, entro il 2035, la voce più pesante del bilancio pubblico, assorbendo fino al 30% delle entrate.
C’è di più. A pesare sulla fiducia degli analisti sono anche le scelte politiche interne: l’eventuale proroga dei tagli fiscali del 2017, caldeggiata dai repubblicani, rischia di aggiungere altri 4mila miliardi al deficit nel giro di dieci anni. Sullo sfondo, poi, si agitano le tensioni geopolitiche e commerciali, con la Cina e non solo. Il braccio di ferro sul commercio globale e sulla tecnologia accresce l’incertezza e potrebbe aver contribuito, almeno in parte, alla decisione di Moody’s.
L’agenzia, va detto, mantiene un outlook stabile: l’economia Usa resta solida, il dollaro è ancora la valuta di riserva del mondo e la Fed ha margini di manovra. Ma i mercati guardano avanti.
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