
La tanto sospirata sforbiciata alle tasse del ceto medio. L'edizione quinquies della rottamazione delle cartelle. E pure la stabilizzazione, con ritocchi eventuali, della new entry del 2025, l'Ires premiale. A delineare il menu per la prossima manovra - in una intervista al Messaggero - è il viceministro dell'Economia e delle Finanze, Maurizio Leo (foto). La sua delega è al fisco e di questi interventi parla assicurando che si tratta di «tre obiettivi fondamentali» che però dovranno fare i conti con «le risorse disponibili». Perché non c'è alcuna intenzione di «stravolgere gli obiettivi di bilancio». Solo «promesse» ha però attaccato ieri l'opposizione, con in testa il Movimento 5 Stelle, perché «ancora una volta» non si dice dove si intende fare cassa per finanziare le nuove misure.
Irpef e rottamazione, a dire il vero, finora hanno duellato senza peraltro trovare spazio proprio per problemi di coperture. Un intervento sui redditi fino a 60mila euro, tagliando di due punti l'aliquota intermedia (dal 35% al 33%), costa attorno a 4 miliardi, secondo i calcoli di Forza Italia che ha fatto del ceto medio la sua bandiera per la nuova legge di Bilancio.
A spingere sulle cartelle è invece la Lega, che sta portando avanti la sua battaglia anche con un disegno di legge che è al vaglio del Senato. Pur avendo illustrato decine di volte la proposta, il partito guidato da Matteo Salvini si è ben guardato dal quantificare le risorse necessarie, che secondo i rumors parlamentari si aggirerebbero attorno a 5 miliardi. Certo, molto dipenderà dai paletti che saranno indicati all'ipotesi di una eventuale rottamazione-quinquies che a questo punto però comincia ad avere buone chance di essere realizzata.
Sempre gli azzurri, fa sapere il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, metteranno sul tavolo anche la sanità, per la quale il ministro Orazio Schillaci (nell'occhio del ciclone in questi giorni per la vicenda del Comitato Vaccini) ha già fatto sapere di avere spuntato circa 2 miliardi aggiuntivi dopo i primi colloqui con il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti.
Il ministro in realtà continua a predicare prudenza, perché le regole fiscali europee sono cambiate e lasciano pochi margini per agire sulla classica leva del deficit. E anche perché l'esecutivo accarezza l'obiettivo di portare l'asticella sotto il 3% già nel 2026, centrando l'uscita dalla procedura di infrazione con un anno di anticipo.