L’industria tecnologica italiana accelera, ma l’Europa resta indietro

All’80simo anniversario di Anie il chief economist di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice, lancia un allarme sull’instabilità globale e sulla mancanza di investimenti europei. Nonostante elettrotecnica ed elettronica italiane restino un’eccellenza

L’industria tecnologica italiana accelera, ma l’Europa resta indietro

“L’incertezza attuale è persino superiore a quella vissuta nel marzo 2020, all’inizio della pandemia”. È questo l’allarme lanciato da Gregorio De Felice, Chief Economist di Intesa Sanpaolo, intervenuto al Convegno per l’80° anniversario di Anie, celebrato con l’evento “Da 80 anni Anie conduce oltre”.

Secondo De Felice, le tensioni geopolitiche, la frammentazione delle catene del valore e l’assenza di una politica industriale integrata a livello europeo stanno minando la capacità dell’industria continentale di rispondere alle sfide della transizione. “In Europa investiamo 450 miliardi di euro in meno rispetto al nostro potenziale, soprattutto in innovazione, transizione verde e invecchiamento demografico. Questo gap rischia di compromettere la competitività di lungo periodo.”

Lo studio condotto da Intesa Sanpaolo in collaborazione con Anie fotografa tuttavia una realtà molto più dinamica sul fronte italiano. Il campione analizzato – 738 imprese dell’universo Anie – evidenzia performance industriali nettamente superiori alla media nazionale. Tra il 2019 e il 2023, il fatturato a prezzi correnti del settore è cresciuto di quasi il 40% (contro il +25% dell’economia italiana). A livello internazionale, l’Italia è oggi il sesto esportatore mondiale nel settore elettrotecnico, seconda in Europa solo alla Germania. Le esportazioni dell’elettrotecnica sono salite del 35,5%, quelle dell’elettronica del 43,7%.

Dietro questi risultati si cela una forte propensione all’innovazione, alla sostenibilità e all’export:

  • il 33,8% delle imprese Anie ha depositato brevetti,
  • il 40% è certificato in ambito ESG,
  • l’Ebitda margin si attesta al 10%
  • la produttività media per addetto è di 91.400 euro, contro i 58.800 della media nazionale.

Una leadership che poggia su tre fattori abilitanti fondamentali: capitale umano, innovazione, resilienza della supply chain.

Le sfide: competenze, R&S e catene di fornitura

Eppure, lo scenario non è privo di ostacoli. Oltre il 50% delle imprese Anie segnala difficoltà gravi nel reperire profili tecnici e Stem, in un contesto aggravato dal calo demografico e dal basso livello medio di competenze digitali (solo il 49% degli italiani le possiede).

Il mismatch formativo ha conseguenze economiche concrete: il 70% delle imprese ha rallentato progetti, il 29% ha perso opportunità di mercato. “Serve un ripensamento profondo delle politiche formative – avverte De Felice – a partire da Its, upskilling e reskilling”.

Anche sul fronte R&S l’Italia investe troppo poco: appena l’1,3% del PIL, contro una media Ue più alta. Il comparto Anie investe molto di più, con punte del 4% del fatturato, ma lo studio evidenzia l’urgenza di un ecosistema nazionale dell’innovazione più strutturato, basato su partnership stabili con il mondo accademico, incentivi automatici e trasferimento tecnologico.

Infine, la fragilità delle catene di fornitura globali resta una minaccia concreta. Il 58% delle imprese ha avuto difficoltà nell’approvvigionamento di componenti, oltre il 55% per le materie prime non energetiche. Il reshoring e il rafforzamento delle filiere locali diventano quindi elementi imprescindibili per assicurare autonomia strategica e continuità produttiva.

Una “call to action” per la politica industriale europea

Nel suo intervento, De Felice ha trasformato l’analisi economica in una chiara call to action alle istituzioni europee: “Senza un’Europa più coesa sugli investimenti e capace di affrontare le sfide comuni con strumenti condivisi, sarà difficile sostenere i settori chiave della manifattura”.

Lo studio Anie-Intesa propone in questa direzione tre priorità strategiche per una nuova politica industriale italiana ed europea:

  1. Rafforzare le competenze tecniche e digitali con una formazione continua integrata.
  2. Potenziare la R&S con strumenti semplici e partnership pubblico-private.
  3. Rendere più resilienti le supply chain, attraverso re/near-shoring e accordi strategici con Paesi partner.

Una visione chiara che unisce crescita economica, autonomia tecnologica e sostenibilità ambientale.

Anche perché, come ricorda il rapporto, l’86% della riduzione delle emissioni europee al 2030 dipenderà dall’adozione di tecnologie avanzate – molte delle quali sviluppate proprio dalla filiera rappresentata da Anie. Sostenibilità e competitività, oggi, viaggiano sullo stesso binario.

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