
L’Italia resiste, ma non corre. È questa la fotografia scattata dal Fondo Monetario Internazionale che, attraverso le parole di Lone Christiansen, capo missione per l’Italia, sottolinea come “malgrado l’incertezza economica globale, l’economia italiana abbia dimostrato una certa resilienza”. Un dato non scontato, soprattutto alla luce delle tensioni commerciali che stanno pesando sulle catene di approvvigionamento e sull’export, da sempre motore trainante della terza economia dell’Unione Europea.
I numeri
Il 2024 si è chiuso con un avanzo primario dello 0,4% del Pil, risultato migliore delle attese, sostenuto da una dinamica positiva degli investimenti e da un mercato del lavoro in fase espansiva. La crescita dello 0,7% dello scorso anno, infatti, è stata alimentata in larga misura dall’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ha contribuito a rafforzare le infrastrutture e a stimolare la produttività. Sul fronte occupazionale, il saldo positivo dei contratti a tempo indeterminato ha portato il tasso di occupazione ai massimi storici rispetto alla popolazione in età lavorativa.
Le sfide economiche
Eppure, le sfide non mancano. L’Fmi richiama l’attenzione sui limiti strutturali del sistema-Italia: produttività stagnante, carenza di capitale umano altamente qualificato e un progressivo declino demografico che rischia di comprimere la crescita potenziale. A questi nodi interni si sommano le incognite esterne: il commercio internazionale, in cui il Paese resta fortemente esposto, continua a vivere una fase di tensione che potrebbe frenare l’export nonostante la diversificazione dei mercati e dei beni esportati.
Le stime per il 2025
Secondo le stime del Fondo, il 2025 sarà un anno di
rallentamento, con il Pil previsto in crescita dello 0,5%. Un ritmo più contenuto, che però dovrebbe rafforzarsi nel 2026 fino allo 0,8%, quando gran parte degli investimenti infrastrutturali del Pnrr entreranno a regime.