
Di contatti ce ne sono stati e ce ne saranno. Ma in questo momento la partita della rete unica è ferma perché il fondo americano Kkr, primo azionista di Fibercop, non sembra essere intenzionato a firmare il memorandum of understanding per entrare nel vivo delle trattative. Secondo quanto risulta a Il Giornale, esisterebbe già una bozza del documento che dal lato di Open Fiber - con gli azionisti Cassa depositi e prestiti e Macquarie - avrebbero già firmato, ma il documento al momento è fermo sul lato Fibercop, dove tra gli azionisti figurano il ministero dell'Economia, il fondo F2i e, per l'appunto, il fondo americano capofila dell'acquisizione della rete da Tim nel luglio del 2024.
Interpellata, Kkr nega che gli sia mai stato sottoposto un documento e che non avrebbe problemi a firmarlo se l'operazione prospettata fosse percorribile. Da quanto si apprende, il progetto ha subito una sterzata rispetto all'idea originaria di trovare un accordo per trattare l'uscita dal capitale di Macquarie in cambio delle cosiddette aree nere, ovvero quella parte della rete in fibra più profittevole. La nuova strada, invece, è quella di trovare un modo di tenere tutti gli azionisti insieme, provando a trattare con l'Antitrust Ue la possibilità di tenere per lo meno gran parte delle aree nere. Una proposta che, nelle interlocuzioni preliminari a Bruxelles, non avrebbe fatto breccia. Da qui la richiesta americana di trovare una nuova via. Sta di fatto che qualsiasi interlocuzione in sede europea potrebbe essere condotta in modo approfondito solo dopo la firma di un memorandum, che al momento è bloccata da Kkr. Quello delle aree nere - il pezzo pregiato della trattativa - è un nodo vero perché la determinazione del perimetro delle due società andrà a definire i rapporti di forza futuri: se Open Fiber vale meno, o Fibercop valesse meno, allora anche i rispettivi soci verrebbero ridimensionati dopo le nozze. La tensione tra i due gruppi è palpabile, prova ne è che non sia stato possibile trovare un accordo sui lotti del Pnrr in ritardo, con l'unica via residuale rimasta di chiedere a Bruxelles di rivedere il piano facendo uno sconto sui civici che Open Fiber non riuscirà a collegare con la fibra entro il 30 giugno 2026. Il che comporterà anche un taglio sui soldi che la Ue verserà alla società guidata da Giuseppe Gola per realizzare l'opera.
Altre fonti fanno notare che dietro alle resistenze di Kkr potrebbe esserci la poca voglia di versare i 2,5 miliardi di earnout a Tim qualora le nozze avvengano entro il 2026, soprattutto dopo che il master service agreement (il contratto di servizio stipultato con l'ex casa madre) è finito sotto la lente
dell'Antitrust per la sua durata eccessiva (30 anni). Oltre al fatto che, sebbene Fibercop affermi il contrario, il gruppo guidato da Massimo Sarmi starebbe trovando qualche difficoltà non preventivata rispetto ai piani originari.