Pace fiscale, serve gettito e il governo pensa a un’aliquota del 15%

Nei prossimi giorni il viceministro porterà un decreto in Consiglio dei ministri con l’obiettivo di cambiare i termini del concordato al fine di includere nella misura più lavoratori autonomi

Pace fiscale, serve gettito e il governo pensa a un’aliquota del 15%
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I primi mesi del 2024 hanno dato buoni risultati sulle entrate fiscali. Negli uffici del ministero dell’Economia, però, c’è un prossimo step che preoccupa particolarmente: la manovra di bilancio 2025. La questione principale riguarda il gettito tributario collegato all’evasione fiscale, un muro complicato da abbattere e il Mef lo sa bene: il concordato preventivo biennale ha ricevuto scarse adesioni, fino a oggi, infatti, hanno accettato poche centinaia di persone su una stima potenziale di 2 milioni di contribuenti interessati.

L’adesione al concordato preventivo

Come anticipato, l’adesione al nuovo concordato preventivo biennale, ovvero l’accordo tra il fisco e i lavoratori autonomi, non ha avuto un gran successo tra i contribuenti. Ricordiamo che la misura prevede tasse predefinite da versare nel biennio ’24-’25 e zero controlli. Riguarda coloro che sono soggetti agli Indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa) assieme ai forfettari (a titolo sperimentale). Ai primi, ovvero coloro che hanno un Isa basso, le Entrate chiedono l’adeguamento del reddito dichiarato al fine di aderire al concordato. Dall’altra parte hanno acconsentito al meccanismo i contribuenti considerati “affidabili” i quali sono consapevoli di contare su un aumento del reddito nel 2024 e nel 2025, a questi soggetti il concordato dà garanzia di un tetto alle tasse da pagare.

La pace fiscale

L’obiettivo della pace fiscale era quello di imporsi come strumento essenziale al fine di far sì che i contribuenti avrebbero versato quanto dovuto, ma sembrerebbe non essere bastato. In quanto al gettito del concordato, questo dovrebbe riuscire a coprire il progresso della riforma Irpef, la quale prevede la riduzione di aliquote e scaglioni. La cifra in questione, però, non è mai stata stabilita in via definitiva, la Ragioneria ha infatti dato delle stime ma non un numero preciso e, in questa situazione, persiste il rischio di non riuscire a coprire i fondi necessari per il via libera agli sgravi Irpef del 2023.

L’imposta sostitutiva

A questo punto l’esecutivo è già pronto a correre ai ripari. Dopo aver consultato le Commissioni parlamentari, il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, nei prossimi giorni porterà un decreto in Consiglio dei ministri con l’obiettivo di cambiare i termini del concordato al fine di includere nella misura più lavoratori autonomi. I possibili cambiamenti riguardano l’applicazione un'imposta sostitutiva, variabile dal 10 al 15% in base all'Isa dei contribuenti, sul maggiore reddito che l'Agenzia delle Entrate potrebbe richiedere a chi aderisce all'accordo. Questo rappresenta un significativo sconto rispetto all'aliquota marginale che potrebbe superare il 40%. Il Parlamento, nel parere fornito all'esecutivo, ha richiesto l'applicazione di una "flat tax" sugli incrementi reddituali come condizione per esprimere un parere favorevole al provvedimento, e il Consiglio dei ministri dovrà considerarlo.

Rateizzazione degli acconti

Il Parlamento, poi, ha avanzato la richiesta di rateizzare il pagamento degli acconti al fisco al momento dell'adesione al concordato con l’obiettivo alleviare l'immediato impatto finanziario sui contribuenti. Questo punto, però, sembra più difficile da trasformare in una norma di legge. Gli uffici del Ministero dell'Economia, almeno per ora, non hanno ancora trovato una soluzione percorribile. Inoltre il leghista Massimo Garavaglia, presidente della Commissione Finanze del Senato, rimane scettico sul successo dell'operazione, che continuerebbe a sembrare poco attraente.

Le cifre necessarie per l’Ue

La scelta finale sul concordato potrebbe rendere più difficile il lavoro del ministro Giorgetti nella preparazione del bilancio 2025. Facendo qualche conto, per essere in linea con le nuove regole europee di finanza pubblica e mantenere gli sgravi fiscali, contributivi e previdenziali introdotti nel 2023, servono oltre 30 miliardi di euro.

Tra 10 e 12 miliardi sono necessari per ridurre il deficit seguendo le indicazioni dell'UE, e altri 20 miliardi per dare il via libera al taglio del cuneo fiscale e la prima fase della riforma Irpef con tre aliquote. Parte di questa ultima operazione, che costa 4 miliardi all'anno, può contare sul taglio degli incentivi alle imprese, il resto, invece, veniva calcolato sul gettito del concordato, che ora è incerto.

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