«Quello che accade a chi ha un reddito di 50mila euro e anche oltre è uno scandalo fiscale: insiste un’aliquota che con le addizionali locali arriva agevolmente sopra il 45%, che all’estero vale per chi guadagna 200 o 300mila euro». Il responsabile per l’economia di Italia Viva Luigi Marattin scrive al Giornale di buon mattino dopo l’intervista in cui il viceministro Maurizio Leo apre a chi guadagna 50mila euro. «Ha perfettamente ragione! Però fare le riforme fiscali con gli slogan e non con la testa provoca anche gravi distorsioni. Per essere credibile, dovrebbe anche spiegare perché quando ha eliminato il secondo scaglione Irpef (diminuendo dal 25% al 23% l’aliquota per la parte di reddito tra 15mila e 28mila), ha giudicato che chi guadagna 50mila euro non meritasse neanche quei 240 euro annuo di vantaggio che ne sarebbero derivati. A questi contribuenti infatti, il governo ha tagliato gli oneri detraibili di cui possono beneficiare, esattamente per l’ammontare di 240 euro. Sono stati giudicati “troppo ricchi” per beneficiare di qualsiasi riduzione di tasse. Un provvedimento che mi aspettavo da Maurizio Landini e Nicola Fratoianni, non dal governo Meloni».
Onorevole, sa bene che c’è un problema di risorse ma anche l’effetto di un mix mefitico di Irpef nazionale e locale...
«È il vero scandalo del nostro sistema fiscale. In Gran Bretagna l’aliquota del 45% scatta dopo le 150mila sterline all’anno; in Francia dopo i 157mila euro; negli Usa neanche ci si arriva (il massimo è 37% per chi arriva a 600mila dollari). Da noi, chi guadagna 2.500 euro ha, su ogni euro aggiuntivo, una tassazione sul reddito che con le addizionali locali arriva al 46%, senza contare i contributi sociali».
Così si creano solo distorsioni...
«Quest’anno per effetto della riforma fiscale se un impiegato da 1.800 euro netti al mese vuole lavorare di più, perde 70 euro al mese in busta paga. Perché dopo i 35.000 euro annui lordi si perdono d’un botto tutti i 6 punti di sconto contributivo. Si ottiene quindi il paradossale risultato che uno lavora e guadagna di più come lordo, ma perde soldi in busta paga. Come fa un Paese del genere a crescere con questi livelli di imposizione fiscale sul ceto più produttivo del Paese?».
Ma così non si snobbano i redditi bassi?
«È offensivo pensare che queste considerazioni vengano da un disinteresse per i redditi medio-bassi. Per loro, il problema non è l’Irpef, che è ormai quasi azzerata. Per quei redditi, il problema è che è basso lo stipendio lordo. Ed è così per una dinamica della produttività del lavoro che da un quarto di secolo è un quarto, ogni anno, della media Ue».
Riscossione, cartelle e compliance. Condivide questa «rivoluzione fiscale»?
«La riscossione è un ennesimo argomento che in Italia viene trattato come tema da curve ultra. Sono vere tante cose: che l’elevata pressione fiscale è una delle cause dell’evasione, così come che alcuni la utilizzano come alibi perché evaderebbero anche con tasse al 1%. È vero che occorre spingere al massimo ogni strumento possibile di collaborazione col contribuente (dalle rateizzazioni al concordato preventivo), ma è anche vero che se dopo tutti gli strumenti di garanzia il debito ancora non è pagato, uno Stato serio ha il diritto di procedere alla riscossione coattiva con tutti gli strumenti, come avviene anche nei liberalissimi Usa. Ed è vero infine, come dice una mia proposta di legge che però nessuno vuole discutere, che il governo deve essere obbligato a usare per ridurre la pressione fiscale ogni euro che strutturalmente viene recuperato dalla riduzione del tax gap».
Ci sono dei punti di contatto che votereste, con gli eventuali correttivi?
«Noi la delega fiscale l’abbiamo votata perché quei principi, per ammissione dello stesso Leo, erano gli stessi che uscirono dal lavoro parlamentare che io guidai nella scorsa legislatura, e a cui parteciparono tutti i partiti. Ma dei primi decreti attuativi abbiamo condiviso solo quello sulle sanzioni e sul concordato preventivo, che creano le condizioni per un approccio pragmatico ed efficiente.
Sugli altri, troppi buchi o mancanze: penso al fatto di aver finanziato 16 miliardi di riduzioni di tasse solo per il 2024, il che condannerà questo governo a partire ogni anno da “meno 16”. Si cercherà di dare la colpa all’Europa ma invece è colpa di una politica miope, di corto respiro, alla quale interessa sempre più il prossimo sondaggio rispetto alla prossima generazione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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