Assalto alle elezioni del 2020. Donald grazia Giuliani e alleati. "Fine di una grave ingiustizia"

Perdono per l'ex sindaco e altri 76: provarono a sovvertire l'esito del voto che incoronò Biden

Assalto alle elezioni del 2020. Donald grazia Giuliani e alleati. "Fine di una grave ingiustizia"
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Spietato con i nemici, magnanimo con gli amici e gli alleati. Donald Trump non si fa scrupolo di mantenere le promesse più controverse fatte in campagna elettorale. Dopo il perdono di massa concesso all'inizio del suo secondo mandato a quasi tutti i 1.500 insorti che assaltarono il Congresso il 6 gennaio del 2021, il tycoon ha graziato anche i membri della sua cerchia interna di allora, coinvolti nei tentativi (tutti andati a vuoto) di sovvertire l'esito delle elezioni del 2020. La lista comprende nomi illustri: dall'ex sindaco di New York e suo avvocato personale Rudy Giuliani, all'avvocatessa trumpiana Sidney Powell, all'ex capo di Gabinetto della Casa Bianca, Mark Meadows, all'altro avvocato trumpiano John Eastman, al consigliere Boris Epshteyn. Furono soprattutto loro a ingolfare i tribunali con accuse di un presunto complotto dei Democratici per rubare la vittoria a Trump con una serie di brogli elettorali. Accuse mai provate e tutte respinte dai giudici.

Nel documento prodotto dal procuratore degli Stati Uniti per le grazie, Ed Martin, ex avvocato difensore di molti degli imputati del 6 gennaio, si legge che i beneficiari hanno ricevuto un perdono «pieno, completo e senza condizioni». Giuliani e Powell ebbero un ruolo cruciale anche nelle pressioni sulle assemblee legislative degli Stati in bilico, affinché rigettassero la vittoria di Joe Biden. Meadows si concentrò invece sulle autorità elettorali della Georgia, uno degli swing states in ballo, affinché «trovassero» qualche migliaio di voti in grado di ribaltare il risultato a favore di Trump. Il perdono rappresenta una mossa soprattutto simbolica, poiché nessuno dei beneficiari è stato incriminato a livello federale, la giurisdizione sulla quale intervengono i provvedimenti presidenziali. L'inchiesta federale del procuratore speciale Jack Smith, che coinvolgeva Trump e alcune delle personalità graziate, è stata sospesa dopo la sentenza della Corte Suprema sull'immunità presidenziale e il ritorno alla Casa Bianca del tycoon. Rimangono intatte le accuse a livello statale, come quelle in Georgia, sebbene anche quei procedimenti siano di fatto congelati. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha sostenuto che gli individui graziati erano stati perseguitati dall'Amministrazione Biden. «Essere processati per avere contestato i risultati è qualcosa che accade nel Venezuela comunista, non negli Stati Uniti d'America, e il presidente Trump sta ponendo fine una volta per tutte alle tattiche comuniste del regime di Biden», ha detto. È l'ennesimo tentativo, da parte del mondo Maga, di riscrivere la storia dei giorni che dalla sconfitta elettorale del novembre 2020 portarono all'assalto al Campidoglio. Decine di sentenze e un'inchiesta parlamentare non hanno mai scalfito la retorica trumpiana dell'«elezione rubata». La grazia non cancella però i guai legali che alcuni degli allora fedelissimi del tycoon hanno dovuto affrontare in questi anni. Giuliani, all'epoca uno dei più attivi sostenitori delle teorie complottiste, lo scorso anno è stato radiato dall'albo degli avvocati di New York.

Nel 2023, venne condannato per diffamazione ai danni di due scrutatrici della Georgia, madre e figlia, da lui accusate di avere falsificato i dati elettorali. Le donne subirono pesanti minacce da parte dei supporter di Trump, ma ottennero un risarcimento di 148 milioni di dollari, che Giuliani ha ripetutamente tentato di eludere. Anche in questo caso, senza successo.

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