Guerra a gang (e tatuaggi), crypto e Surf City: chi è Nayib Bukele, presidente di El Salvador

Leader pop e autoritario, ha trasformato il Paese con arresti di massa, culto personale e marketing digitale. Idolatrato dai suoi, accusato di violare diritti, sogna una nazione vetrina per il mondo

Guerra a gang (e tatuaggi), crypto e Surf City: chi è Nayib Bukele, presidente di El Salvador
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Nayib Bukele sembra uscito da un romanzo politico scritto su X, ma la sua storia è più reale. Sull'ex Twitter, infatti, si definisce "Philosopher King" con quasi 8 milioni di follower. Nato a San Salvador nel 1981, figlio di un imprenditore di origini palestinesi — Armando Bukele Kattán, musulmano e influente nella comunità araba del Paese — e di una madre cattolica, Olga Marina Ortez, ha iniziato la carriera nella pubblicità. Si capisce: ogni gesto da presidente sembra studiato come una campagna d’immagine.

Dopo essere stato sindaco di Nuevo Cuscatlán e poi di San Salvador, Bukele nel 2019 è diventato il primo presidente di El Salvador a non provenire dai partiti storici che si erano alternati dopo la guerra civile. Ha costruito il suo profilo di “CEO del Paese”, un leader giovane, che alterna giacca di pelle a colletti alla coreana, e che promette di liberare la nazione da corruzione e criminalità.

La guerra alle gang

La sua bandiera è la “guerra alle gang”, in particolare alle maras MS-13 e Barrio 18, responsabili per anni di migliaia di omicidi. Dal 2022, il governo mantiene un régimen de excepción, lo stato d’eccezione che sospende diritti costituzionali come la libertà d’associazione e la presunzione d’innocenza. Secondo dati ufficiali, oltre 80.000 persone sono state arrestate. Amnesty International e Human Rights Watch hanno denunciato detenzioni arbitrarie, torture e violazioni sistematiche dei diritti. Eppure i numeri della sicurezza sono impressionanti: secondo le statistiche governative, il tasso di omicidi è crollato da più di 50 a meno di 3 ogni 100.000 abitanti, un record storico. Molti salvadoregni dicono di poter finalmente camminare tranquilli la sera, e i sondaggi continuano a dare a Bukele oltre l’80 % di approvazione.

Ma il prezzo di questa “pace” è alto. Le carceri sono sovraffollate, l’accesso alla giustizia ridotto, e il governo ha ampliato la definizione di “sospetto”. Un esempio emblematico: in questi ultimi giorni, la stampa internazionale racconta come i tatuaggi siano diventati un potenziale indizio di reato. In un Paese dove i segni di appartenenza alle gang si leggono sulla pelle, un disegno o una scritta possono bastare per finire sotto indagine.

"Il dittatore più cool del mondo"

Bukele governa con una miscela di autoritarismo e marketing. Nel 2021, dopo essere stato accusato di atteggiamenti dittatoriali, cambiò ironicamente la sua biografia su Twitter in “Dictador más cool del mundo mundial”. Da allora l’etichetta gli è rimasta addosso: il dittatore più cool del mondo. Ha consolidato il controllo su Parlamento e Corte Suprema, che nel 2021 — dopo la destituzione dei giudici costituzionali — gli ha consentito di candidarsi di nuovo, nonostante il divieto espresso nella Costituzione. Una strana e pericolosa "rivoluzione" la sua, tanto da portare la stampa a coniare il verbo "to bukele", al fine di elogiare il suo istinto a risolvere le cose a differenza dei "liberali".

Intanto costruisce un’immagine globale fatta di surfisti, turismo e bitcoin. Con la sua “Surf City” sulla costa pacifica e la promozione delle criptovalute come valuta legale, Bukele prova a riscrivere il profilo del Paese: da nazione violenta a vetrina di modernità. Ma dietro la patina digitale restano i penitenziari stracolmi, la stampa ridotta al silenzio e un potere personale sempre più assoluto.

Bukele è l’incarnazione di un paradosso contemporaneo: un

leader che restituisce sicurezza e speranza a milioni di persone, ma lo fa sospendendo le regole della democrazia. Il futuro di El Salvador, per ora, è la sua faccia: sorridente, iperconnessa e circondata da filo spinato.

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