Si rompe il castello politico costruito sulla sabbia tra il leader indipendentista catalano Carles Puigdemont e il governo del premier socialista Pedro Sánchez. Senza amnistia, la direzione di Junts ha deciso all'unanimità di non sostenere più in Parlamento l'esecutivo spagnolo. Un duro colpo per un governo nato senza aver vinto le elezioni. Junts non passerà all'opposizione, annuncia, ma di fatto la mossa rappresenta l'anticamera di una possibile crisi di governo a meno che lo scaltro politico catalano non ottenga il «dovuto».
Ma che nessuno parli di ricatti. Al momento il provvedimento salva-Carles è stato più volte rimandato in attesa del via libera da parte della Corte Costituzionale: in precedenza Junts aveva chiesto al governo di accelerare i tempi. Non va dimenticato inoltre il ruolo svolto da Aliança Catalana, una formazione catalana e populista di ultradestra che sta crescendo nei sondaggi minaccando di erodere consenso proprio a Junts sui classici temi come la lotta all'immigrazione clandestina.
Il PSOE di Sanchez, già decapitato dagli scandali giudiziari che hanno coinvolto il cerchio magico del premier, ha espresso il suo «assoluto rispetto» per la decisione di Junts. «C'è dialogo, c'è una mano tesa, c'è negoziazione», ha spiegato Montse Mínguez, portavoce della dirigenza del PSOE. Da parte sua, anche il portavoce nazionale di Esquerra Republicana, Isaac Albert, ha espresso rispetto. Una mano tesa a Puigdemont arriva dalla vicepremier e ministra delle Finanze spagnola, María Jesús Montero: «Abbiamo trovato punti di incontro che ci hanno permesso di andare avanti: dialogo e mano tesa», ha detto in un'intervista alla tv pubblica spagnola Tve. Ma potrebbe non bastare. Puigdemont attacca a testa bassa quando dice che per un anno si sono visti i segni della mancanza di interesse da parte del PSOE nel rispettare gli accordi di Bruxelles, negoziati in Svizzera. «Non c'è abbastanza fiducia, e non esiste fiducia reciproca. C'è fiducia personale, ma non a livello politico. Abbiamo raggiunto accordi politici, ma non sono stati attuati in modo tempestivo o adeguato», ha aggiunto. Ha poi riportato le lancette del tempo indietro di un anno, a quando aveva chiesto a Sánchez di sottoporsi a un voto di fiducia. «Sembrava che avessero capito il messaggio, ma stavano solo fingendo». Per poi lanciare la minaccia politica: «Siamo stati pazienti, ma ad oggi ci sono solo insuccessi».
Un patto che non viene rispettato è un «accordo rotto», è la chiusura finale della sua filippica, che avrà conseguenze precise all'interno di un esecutivo già abbondantemente in panne anche per via del doppio scandalo che ha toccato il premier, con le inchieste su sua moglie Begona Gomez e suo fratello. I popolari di Feijoo e la destra di Vox scaldano i motori in vista di possibili elezioni anticipate, anche alla luce dei sondaggi che li danno in testa e in grado di formare una maggioranza di centrodestra.