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I missili vicino a Taiwan, la reazione della Cina e la guerra di propaganda: cosa sta succedendo

Il Giappone, vista la recente crisi diplomatica con la Cina, invia missili da difesa aerea sull'isola Yonaguni, e la disinformazione cinese sui social si scatena

I missili vicino a Taiwan, la reazione della Cina e la guerra di propaganda: cosa sta succedendo

Il governo nipponico, come forma di deterrenza a fronte delle continue manovre aggressive cinesi intorno alla parte più meridionale del suo arcipelago, in particolare nelle isole Senkaku teatro di un'annosa diatriba tra Tokyo e Pechino per quanto concerne la sovranità, ha deciso di inviare sull'isola Yonaguni, la più meridionale delle Ryukyu situata a meno di 110 chilometri da Taiwan, missili da difesa aerea a medio raggio.

Si tratta di vettori di tipo Type 03 con un raggio d'azione di 50 chilometri e una quota massima di ingaggio di 10, pensati esclusivamente per la difesa aerea da caccia, bombardieri e missili da crociera.

La Repubblica Popolare Cinese (Rpc) ha criticato aspramente la decisione nipponica, definita come “destabilizzante”, e ha accusato il Giappone di “interferire nelle questioni interne cinesi”. Come possa il dispiegamento di un sistema missilistico da difesa aerea in territorio sovrano nipponico interferire nelle questioni interne di Pechino risulterebbe poco comprensibile se non considerando che la Rpc, arbitrariamente, ritiene qualsiasi movimento militare effettuato nei pressi di Taiwan come volto a contrastare il futuro ritorno dell'isola “ribelle” all'interno della Repubblica Popolare.

La decisione di Tokyo si inquadra nella recente crisi sino-nipponica, apertasi per via delle recenti dichiarazioni del governo giapponese riguardanti la possibilità di un'invasione cinese di Taiwan che richiederebbe un qualche tipo di intervento per assicurare la stabilità della regione, che vede proprio nelle Senkaku, e nelle isole Ryukyu, dei possibili obiettivi collaterali di quel conflitto.

L'invio di missili da difesa aerea a Yonaguni non ha solo innescato le reazioni ufficiali di Pechino, ma anche una campagna di disinformazione e propaganda sui social da parte di account filo-cinesi, alcuni dei quali palesemente falsi. Il tenore dei post, soprattutto su X, è caratterizzato principalmente dalla condanna del militarismo nipponico, con diverse sfumature che arrivano al tentativo di creare scandalo nell'opinione pubblica indicando, ad esempio, come la bandiera del Sol Levante, in uso nella marina nipponica, sia paragonabile alla bandiera nazista usata dalla Germania durante la Seconda Guerra Mondiale. La questione ovviamente non trova alcun senso, se non nel rispolverare lo spettro dell'imperialismo nipponico anteguerra. Imperialismo che è da considerarsi definitivamente defunto, considerando che la bandiera in oggetto è in uso nella marina giapponese sin dal 1954.

Diversi post con la medesima narrazione sulla bandiera del Sol Levante, sono stati diffusi in queste ore da account cinesi, rilanciati da altri in tutto il mondo, soprattutto da parte di personaggi – anche occidentali – legati in qualche modo al mondo sinico che si possono considerare provvisoriamente agenti di influenza inconsapevoli in quanto non è possibile verificare se siano direttamente stipendiati da Pechino per svolgere attività di propaganda.

Altri account, sempre cinesi, stanno cercando di ridicolizzare la decisione cinese, affermando che la Repubblica Popolare possiede centinaia di missili balistici in grado di “obliterare qualsiasi bersaglio sulla piccola isola”. Altri attori, questa volta occidentali, si sono lanciati in elucubrazioni più o meno lunghe sulla nascita dell'attuale crisi diplomatica sino-nipponica, chiaramente addossando le colpe su Tokyo, che sarebbe responsabile di aver oltrepassato una “linea rossa” nella gestione dell'affaire Taiwan, dimenticando – ad arte – di citare come le tensioni tra i due Stati siano cresciute in questi anni per via delle continue e sempre più numerose azioni aggressive cinesi nelle isole Senkaku, che sono sotto sovranità nipponica sebbene rivendicate dalla Repubblica Popolare, e dimenticando anche come le maggiori azioni aggressive cinesi intorno a Taiwan, che hanno simulato più volte un blocco navale dell'isola, abbiano coinvolto anche la parte più estrema delle Ryukyu tra cui proprio l'isola Yonaguni.

Altri account hanno riportato un ritorno al militarismo in violazione di una non meglio precisata risoluzione del consiglio di sicurezza dell'Onu, mentre altri ancora, sempre per condannare un presunto atteggiamento aggressivo nipponico, si sono soffermati sul riarmo di Tokyo – che effettivamente è attuale – dimenticando come Pechino negli ultimi anni abbia aumentato la consistenza e capacità delle proprie forze armate, stia aumentando il proprio arsenale nucleare, costruisca molti più missili balistici (anche ipersonici), abbia costruito portaerei maggiori e soprattutto stia militarizzando le isole che ha occupato illegalmente nel Mar Cinese Meridionale.

Per il momento questa campagna di disinformazione è limitata alla lingua inglese, e coinvolge agenti sparsi nel mondo anglosassone e orientale, ma chi scrive si aspetta che, visto il partenariato strategico tra Italia e Giappone inaugurato a dicembre 2023 – che riguarda anche alcuni aspetti militari fondamentali come il caccia

di sesta generazione GCAP considerato scomodo da molti, non solo in Cina – essa possa cominciare anche nel nostro Paese per cercare di minare i rapporti tra i due Stati attraverso la manipolazione dell'opinione pubblica.

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