Donald Trump lancia un ultimatum a Nicolas Maduro, offrendogli un passaggio sicuro per salvare se stesso, la moglie, il figlio e i fedelissimi, a patto che lasci subito il Venezuela consentendo il ritorno della democrazia. Con gli Usa pronti a dare il via agli attacchi di terra contro il Paese sudamericano, il presidente si limita a confermare la recente chiamata con il leader di Caracas senza diffonderne i contenuti, ma sono alcune fonti informate a rivelare lo scambio al Miami Herald. «Puoi salvare te stesso e le persone a te più vicine, ma devi lasciare la Nazione ora», gli avrebbe detto Trump, offrendogli un passaggio sicuro «solo se accettasse di dimettersi immediatamente». Maduro, invece, avrebbe rifiutato la condizione avanzando una serie di contro-richieste, tra cui l'immunità giudiziaria a livello mondiale e la possibilità di cedere il controllo politico mantenendo però il controllo delle forze armate. Secondo le medesime fonti la chiamata è stato un ultimo tentativo per cercare di evitare un attacco degli Stati Uniti, ma il confronto non ha avuto successo poiché le parti sono rimaste ferme sulle loro posizioni. E riguardo il colloquio, che si ritiene sia avvenuto il 21 novembre, l'inquilino della Casa Bianca ha solo affermato con i giornalisti: «Non direi che è andata bene o male, è stata una telefonata».
Trump ha tenuto ieri sera un incontro nello Studio Ovale sul dossier, e nel frattempo il presidente venezuelano è ricomparso domenica in pubblico dopo giorni partecipando a una cerimonia annuale di premiazione del caffè nella parte orientale di Caracas. Maduro ha così messo fine alle speculazioni interne che fosse fuggito a causa delle crescenti tensioni con gli Usa: come ricorda la Cnn, di solito appare in tv più volte a settimana, mentre non si vedeva da mercoledì quando ha pubblicato sul suo canale Telegram un video di se stesso mentre guidava per la capitale.
The Donald, invece, ha preso le distanze dal capo del Pentagono sul presunto «secondo attacco» dello scorso 2 settembre contro un'imbarcazione sospettata di trasportare droga al largo di Trinidad. Il tycoon ha difeso Pete Hegseth, dicendo di credere al segretario quando ha smentito il resoconto del Washington Post nel quale si sosteneva che avesse dato l'ordine di non lasciare sopravvissuti nel blitz. «Non ne so nulla. Ha detto che non è successo e gli credo», ha sottolineato, aggiungendo però che «indagherà» in merito, e lui «non avrebbe voluto» un secondo attacco. Stando alla ricostruzione del quotidiano, due sopravvissuti a un primo bombardamento sono stati uccisi con un ulteriore raid eseguito su ordine verbale del capo del Pentagono, che diede l'indicazione esplicita di non lasciare sopravvissuti. Lo scoprirò, ma Pete ha detto che non è stato lui a ordinare la morte di quei due uomini», ha detto ancora Trump. Hegseth, da parte sua, ha continuato a sostenere che le operazioni sono state «legali».
Da settembre, numerosi attacchi aerei statunitensi hanno preso di mira presunte imbarcazioni dedite al narcotraffico nel Mar dei Caraibi e nell'Oceano
Pacifico orientale, uccidendo almeno 83 persone. L'amministrazione Trump non ha fornito prove concrete a sostegno delle accuse alla base della sua campagna, e numerosi esperti hanno messo in dubbio la legalità delle operazioni.