Politica estera

Macron non indietreggia. E la Francia torna in piazza: schierati 12mila agenti

Il presidente oggi in tv. I suoi: "Non cederà". Sicurezza imponente per le proteste di domani

Macron non indietreggia. E la Francia torna in piazza: schierati 12mila agenti

«Nessuno scioglimento, nessun rimpasto, nessun referendum». Ecco la linea di Emmanuel Macron, sintetizzata da un insider che ha partecipato alla riunione tra il capo dello Stato francese e i principali ministri e capi della maggioranza ieri mattina, all’indomani di una giornata campale per l’esecutivo. La premier Elisabeth Borne è uscita indenne da ben due voti di sfiducia lunedì, ma la rabbia dei francesi per l’adozione della riforma delle pensioni è esplosa per le strade di tutto il Paese, con manifestazioni spontanee in decine di città subito dopo il voto (287 fermi, 234 solo a Parigi) e di nuovo ieri. In vista della mobilitazione prevista per domani, il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, ha annunciato il dispiegamento di 12mila poliziotti e gendarmi, di cui 5mila nella capitale.

Eppure, forte del risultato in Aula, strappato per appena 9 voti, il presidente della Repubblica non intende indietreggiare e lo spiegherà oggi alle 13, quando si presenterà in tv per un’intervista su Tf1 e France 2: non ha intenzione di sciogliere l’Assemblea nazionale, di rimettere mano alla compagine dell’esecutivo, né di ritirare la riforma o di convocare un referendum.

«Vincere un voto non può essere presentato come una sconfitta», avrebbe detto ai suoi, in risposta ai commenti che lo danno in gravissima difficoltà, con una maggioranza sempre più risicata in Aula e privo della stampella dei Républicains, in cui sperava, dopo che il partito di centrodestra si è spaccato e un terzo ha votato contro l’esecutivo. Lo spettro dell’immobilismo serpeggia sui prossimi mesi, proprio quelli in cui Macron vorrebbe lasciare la sua impronta riformatrice e ha in cantiere altre riforme, compresa quella sull’immigrazione.

Nessun passo indietro, dunque, per il presidente, nonostante il caos serpeggi nel Paese, Parigi sia sommersa da oltre 9mila tonnellate di spazzatura per lo sciopero dei netturbini, che andrà avanti fino a lunedì, e il governo - contro il blocco delle raffinerie - sia stato costretto ad annunciare la precettazione del personale a Fos-sur-Mer, nel sud-est. La penuria di carburante ha già colpito il 10% dei benzinai. Nel dipartimento Bouches-du-Rhone sono la metà quelli a secco e in Vaucluse la vendita di carburanti è stata limitata fino a giovedì, mentre lievi rincari hanno già toccato tutto il Paese.

Macron si presenta oggi in tv per ribadire la linea della fermezza nei giorni più turbolenti del secondo mandato, ostinato a volersi ritagliare il ruolo di riformatore e a voler salvare la sua eredità politica, ora che è all’ultimo giro di valzer e non cerca la rielezione. Eppure tutto intorno è un cumulo di macerie. Non solo quelle fisiche, rifiuti e cassonetti in fiamme. Ma anche quelle politiche e sociali. Da giovedì scorso - ha riferito il ministro Darmanin, sono «oltre 1.200» le manifestazioni non dichiarate, «talvolta violente», organizzate nel Paese e che hanno provocato il ferimento di 300 agenti di polizia e gendarmi. Quanto alla violenza, anche Amnesty International ha denunciato «un uso eccessivo della forza e un abuso di fermi», mentre in rete circolano decine di filmati di poliziotti che picchiano manifestanti inermi.

Un’inchiesta interna è stata aperta dalla polizia di Parigi, su richiesta del prefetto, Laurent Nunez, dopo il video in cui un agente tira un pugno a un manifestante, facendolo cadere a terra. Il Comune di Parigi ha anche attivato un’unità di crisi per gestire la situazione. La premier Borne, forte della sua vittoria in Aula, accusa le opposizioni di aver aizzato la piazza con la loro violenza verbale e difende le forze dell’ordine. Ma la France Insoumise di Jean-Luc Melenchon e il Rassemblement National di Marine Le Pen sono pronti a trasformare l’Assemblée Nationale in una trincea per l’esecutivo del presidente. Mathilde Panot, leader del gruppo degli «insoumis», avverte la leader di governo: «Lei si arrenderà, perché è appesa ad appena 9 voti».

Marine Le Pen continua a chiedere le sue dimissioni.

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