L'amministrazione Usa ha preparato una lista di obiettivi da colpire in Venezuela. Tra questi, ha rivelato nelle scorse ore il Wall Street Journal, ci sarebbero strutture controllate dall'esercito di Maduro, inclusi porti e aeroporti militari, adoperati secondo gli Stati Uniti per il contrabbando di droga. I siti individuati dovrebbero essere colpiti con raid aerei Usa dopo il via libera da parte di Donald Trump. Un'ipotesi ritenuta sempre più realistica alla luce del massiccio dispiegamento di unità militari americane nell'area dei Caraibi.
Il tycoon, almeno per il momento, frena. Parlando con i giornalisti a bordo dell'Air Force One il commander in chief ha infatti smentito le indiscrezioni del quotidiano finanziario, peraltro rilanciate da fonti "informate sui fatti" citate dal Miami Herald secondo cui gli attacchi potrebbero arrivare "in qualsiasi momento". Smentite a parte, per i media Usa il fine ultimo della Casa Bianca sarebbe quello di aumentare la pressione sul regime venezuelano nella speranza di provocare rivolte o ribellioni nelle caserme. Uno scenario, anche questo, respinto dalla direttrice della National Intelligence, Tulsi Gabbard, che ha dichiarato che con la presidenza Trump è finita la politica di "regime change" e "nation building" condotta per decenni dagli Stati Uniti.
L'esibizione di muscoli da parte di Washington nei Caraibi - nei prossimi giorni è previsto l'arrivo nella regione della portaerei Gerald Ford - sembra ad ogni modo contraddire le esternazioni pubbliche dell'amministrazione repubblicana e confermare piuttosto la volontà di The Donald di rovesciare il regime di Maduro. Una strategia, quella del negare e dissimulare, in parte adottata da Trump nei giorni che hanno preceduto i raid Usa contro i siti nucleari iraniani.
Se il bluff Usa in Medio Oriente si è concluso con un certo successo avendo contribuito a ridimensionare la minaccia di Teheran, in Sud America le cose potrebbero andare diversamente. In particolare, il timore è che sugli obiettivi reali di raid aerei in Venezuela, il presidente americano stia prestando ascolto solo alle previsioni più ottimistiche. Stando infatti ad un'analisi pubblicata di recente dal Wall Street Journal, il dittatore venezuelano avrebbe nel corso degli anni costruito un regime a prova di golpe epurando gli ufficiali accusati di cospirare contro di lui, incarcerandoli e mandandoli in esilio. Un repulisti realizzato anche grazie all'aiuto dei servizi di intelligence di Cuba.
"Oggi nell'esercito regna un terrore incalcolabile", spiega un ex soldato venezuelano al quotidiano Usa sostenendo che la paura "è così profondamente radicata che gli ufficiali delle forze armare non osano nemmeno pensare di ribellarsi". I vertici dell'esercito hanno fatto in modo che ufficiali e soldati siano consapevoli che se dovessero ribellarsi li attenderebbero torture, carcere e, nel peggiore dei casi, la morte.
Come se non bastasse, le rosee previsioni dell'amministrazione americana sono smentite perfino da un precedente. Nel 2019, al tempo del primo mandato di Trump, l'amministrazione repubblicana cercò di fomentare una rivolta tra i militari. In quell'occasione centinaia di soldati della Guardia Nazionale e ufficiali di polizia disertarono ma il loro tentativo di rovesciare Maduro fu vanificato dalla resistenza opposta dai papaveri dell'esercito alla guida di unità chiave.
Il capo del regime di Caracas si è circondato di una "fortezza" di generali, ammiragli, colonnelli e capitani, le cui sorti sono legate indissolubilmente alla sua. Gli esperti confermano che gli avanzamenti di carriera nel mondo militare venezuelano avvengono per premiare la lealtà invece della competenza e il dittatore avrebbe inoltre permesso agli alti vertici dell'esercito di arricchirsi facendo affari con i gruppi di narcotrafficanti in Venezuela o gestendo aziende statali. Un sistema che li ha resi complici della corruzione del regime. "Maduro è stato molto abile nel gestire l'esercito, legando il loro destino al suo e rendendo incredibilmente difficile portare a termine un colpo di Stato", dichiara John Polga-Hecimovich, studioso dell'Accademia Navale degli Stati Uniti. "Gli oppositori di Maduro dicono da anni che i suoi giorni sono contati, ma lui è ancora lì", conclude l'esperto.
Persino la giustizia americana e internazionale ha contribuito indirettamente a rafforzare il controllo di Maduro sul Venezuela. Numerosi alti esponenti dell'esercito, tra cui il ministro della Difesa Vladimir Padrino López, sono stati incriminati o sanzionati per traffico di droga, corruzione e violazione dei diritti umani. Per loro, sottolineano gli analisti, la sopravvivenza del regime venezuelano è una questione esistenziale.
Una considerazione confermata da un dato. Tra il 2017 e il 2020 si sono verificati almeno nove tentativi di ammutinamento falliti. Anche il prossimo, auspicato dall'amministrazione Trump, potrebbe dunque condurre allo stesso epilogo.