Da Musk un video anti-dazi. I miliardari mollano Donald

Elon rilancia il pensiero del Nobel dell’Economia Friedman. "Mercato libero". Ackman: "Verso l’inverno nucleare"

Da Musk un video anti-dazi. I miliardari mollano Donald
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Qualcosa inizia a scricchiolare nell'universo trumpiano. Quella vasta coalizione elettorale e di interessi che, dalla working class della rust belt ai supermiliardari della Silicon Valley e di Wall Street lo ha riportato alla Casa Bianca. La fiducia nelle capacità infallibili del Capo inizia a vacillare sotto i trilioni di dollari che le Borse di mezzo mondo stanno bruciando, dopo la guerra commerciale scatenata dal tycoon.

In attesa delle ricadute sull'economia reale (e sui prezzi che dovranno pagare le famiglie americane), le avanguardie del dissenso sono rappresentate da due dei più ricchi supporter del presidente. A sorpresa, si è fatto avanti Elon Musk. Prima, parlando al Congresso della Lega e auspicando per il futuro una «zona di libero scambio» a «dazi zero» tra Usa e Europa. Non proprio in linea col piano di Trump. Poi, il miliardario ha rilanciato ai suoi 218 milioni di follower su X un vecchio video di Milton Friedman. La famosa «parabola della matita», nella quale l'economista Premio Nobel illustra come le forze del libero mercato concorrano tra di loro, coinvolgendo industrie, mercati e Paesi diversi, per produrre beni a prezzi concorrenziali. Anche qui una presa di distanze netta, sebbene implicita, dal dirigismo trumpiano. «Musk non è un produttore, è un assemblatore di automobili», l'ha liquidato Peter Navarro, consigliere commerciale di Trump e architetto dei dazi «reciproci» che stanno mettendo sotto sopra l'economia mondiale, rimproverando al miliardario di «assemblare» le sue Tesla con componenti che provengono da Giappone, Cina e Taiwan. «La differenza tra il nostro modo di pensare e quello di Elon è che noi vogliamo che gli pneumatici siano realizzati ad Akron, vogliamo che le trasmissioni siano realizzate a Indianapolis», ha detto Navarro.

Un appello più esplicito a «sospendere per 90 giorni» la guerra commerciale e a dare spazio ai negoziati è giunto da Bill Ackman, investitore miliardario e grande sponsor di Trump nelle ultime elezioni. In un post su X, già visto da 12 milioni di utenti, Ackman ha ammonito il tycoon che se le nuove tariffe entreranno effettivamente in vigore, «gli investimenti delle aziende si fermeranno e i consumatori chiuderanno i portafogli». Se il presidente non cambia rotta, «ci avvieremo verso un inverno nucleare economico autoindotto e dovremmo iniziare a cercare rifugio. Non lo abbiamo votato per questo». Parole alle quali hanno fatto seguito, appena più moderate, quelle del ceo di JPMorgan Chase Jamie Dimon, che in una lettera agli investitori ha parlato di «probabili risultati inflazionistici», di un rischio recessione e di un sicuro «rallentamento della crescita». Pressioni, quelle di Musk e di due delle voci più ascoltate di Wall Street, che non sono passate inosservate e che nella mattinata di lunedì hanno fatto sperare i mercati in un possibile ripensamento di Trump. La Casa Bianca è stata costretta a smentire.

«Le voci di una pausa di 90 giorni sono solo fake news», ha dichiarato alle tv la portavoce Karoline Leavitt. Poco dopo, Trump minacciava la Cina di ulteriori dazi del 50%, se Pechino non ritirerà immediatamente le contromisure varate domenica.

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