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Ma il partito dei "falchi" al Cremlino e in Ucraina soffia ancora sul conflitto: la tattica della provocazione segnerà i prossimi mesi

Da Kiev il minstro degli Esteri Kuleba ha chiesto una reazione "immediata e collettiva" dell'Alleanza. Medvedev: "L'Occidente si avvicina al conflitto mondiale". Il rischio di un altro casus belli nelle settimane a venire

Ma il partito dei "falchi" al Cremlino e in Ucraina soffia ancora sul conflitto: la tattica della provocazione segnerà i prossimi mesi

Il fungo di fumo grigio sollevato dal missile piombato sul territorio polacco fa impressione. Più preoccupante ancora è che possa trattarsi di un incidente, vero o voluto, con l'obiettivo dell'escalation. La finestra di speranza e pace che sembra aprirsi, dopo la ritirata dei russi da Kherson, rischia di venire funestata da ulteriori episodi del genere. Una tattica della provocazione, del casus belli, per far saltare, come è già capitato nei nove mesi di guerra precedenti, qualsiasi trattativa o negoziato. Su tutti e due i fronti si annidano schiere di falchi pronti a boicottare qualsiasi via d'uscita che fermi subito il conflitto nel cuore dell'Europa.

Oramai sembra chiaro che il missile era un S-300 della contraerea ucraina esploso sul territorio polacco. Forse era stato lanciato per intercettare un missile russo e forse no. Il risultato è che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ancora convinto che si tratti di una zampata di Mosca, ha subito denunciato che «l'attacco missilistico è il vero messaggio della Russia al G20» riunito a Bali. Anche dopo le conferme Nato che il Cremlino non aveva attaccato la Polonia il consigliere presidenziale, Mykhailo Podolyak, twittava da Kiev: «Solo la Russia è dietro ai rischi rapidamente crescenti per i paesi confinanti. Non serve cercare scuse e rinviare decisioni chiave. È tempo per l'Europa di chiudere il cielo sopra l'Ucraina. Per la vostra stessa sicurezza». Una richiesta esplicita di no fly zone, che fin dall'inizio del conflitto è un chiodo fisso degli ucraini sempre respinto dalla Nato perché si rischierebbe la terza guerra mondiale. Non è un caso che sul lato russo, l'ex presidente Dmitrij Medvedev, abbia lanciato un tweet preoccupante: «L'attacco missilistico ucraino in una fattoria polacca dimostra solo una cosa: intraprendendo una guerra ibrida contro la Russia, l'Occidente si avvicina alla guerra mondiale». Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha chiesto azioni «immediate e collettive» oltre che la convocazione di un vertice Nato a Kiev e «caccia moderni F-15 e F-16». Alla fine i paesi dell'Alleanza atlantica discuteranno «della chiusura dello spazio aereo ucraino» ha ammesso Pekka Haavisto, ministro degli Esteri finlandese.

I russi non sono da meno nelle manipolazioni come hanno dimostrato di recente invocando la minaccia di una bomba sporca ucraina, che al momento non esiste, dopo aver ripetutamente sbandierato lo spettro del conflitto nucleare. Accuse reciproche riguardano i bombardamenti di artiglieria sulla diga di Nova Kakhovka e l'interruzione o meno della centrale idroelettrica. Gli ucraini avevano bloccato il canale idrico verso la Crimea, annessa dai russi, negli otto anni di guerra precedenti. Durante il ritiro da Kherson il governo di Kiev ha ripetutamente lanciato l'allarme che i russi volessero fare saltare per aria la diga allagando tutto. Ieri, però, l'intelligence britannica ha ammesso che l'artiglieria ucraina «ha preso di mira il sito fin da agosto riuscendo a scompigliare con successo il rifornimento militare russo». I danni subiti dalla diga, però, non sarebbero tali da farla crollare provocando un disastro.

Il sabotaggio del gasdotto sottomarino Nord Stream è un altro buco nero della guerra. Non si parla più dell'inchiesta per individuare i responsabili di un'operazione che potrebbe essere stata condotta sotto falsa bandiera per far ricadere la colpa sul nemico. Due navi «ombra» con il segnale di riconoscimento spento sono state individuate da immagini satellitari fornite da una società privata vicino al luogo della fuoriuscita del gas poco prima delle esplosioni. Fino a febbraio, primo anniversario dell'invasione, rimarrà aperta la finestra per una possibile mediazione del conflitto.

Non ci sarà da stupirsi se gli «incidenti» veri o presunti, le

provocazioni sotto falsa bandiera, i casus belli per allargare il conflitto aumenteranno con il plauso dei falchi sugli opposti fronti, che rincorrendo una vittoria schiacciante rischiano di alimentare la guerra senza fine.

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