Possiamo fidarci di Mister Trump?

Il segnale più significativo della confusione che regna alla Casa Bianca è la rottura clamorosa tra The Donald e il personaggio che più di altri ha concorso alla sua elezione, Elon Musk

Possiamo fidarci di Mister Trump?
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Qualcuno magari ancora non ne è consapevole ma il caos a Washington sta aumentando su tutti fronti. La minaccia del raddoppio dei dazi su acciaio e alluminio anche verso l'Europa (dal 25 al 50%) si è fatta concreta (è scaduta alle sei di questa notte) anche se tutti sperano che Taco, il nomignolo affibbiato a The Donald per le sue continue retromarce, all'ultimo momento prenda il posto di Trump come il dott. Jeckill e mr. Hide. Di certo, però, l'atteggiamento dell'inquilino della Casa Bianca continua a mantenere lo scenario economico in una condizione di incertezza. Ancora: ieri per la prima volta il capo del Pentagono, Pete Hegseth, non ha partecipato alla riunione del gruppo di contatto per l'assistenza militare all'Ucraina a Bruxelles, proprio il giorno in cui Putin accusa Kiev di «terrorismo» e nella telefonata al Papa esclude «una pace immediata». Quindi, mentre la tensione aumenta e l'Europa si dice pronta ad alzare i dazi al 500% se lo faranno gli Usa verso i paesi che commerciano con la Russia per premere sullo Zar, Trump resta fermo, le sue minacce a Mosca non hanno seguito.

Ma il segnale più significativo della confusione che regna alla Casa Bianca è la rottura clamorosa tra The Donald e il personaggio che più di altri ha concorso alla sua elezione, Elon Musk. Una rottura verticale visto che l'uomo più ricco del mondo ha giudicato la legge di Bilancio presentata dal Presidente Usa «disgustosa». C'è da capirlo il proprietario della Tesla era entrato nel governo per tagliare il debito federale alle stelle, con l'obiettivo di ridurlo di 2000 miliardi di dollari, e un attimo dopo che ha lasciato il suo posto il tycoon lo ha addirittura aumentato. Per Musk è stata una mezza presa in giro e il mondo trumpiano, di fatto, si è spaccato a metà. Come da noi sono emerse due posizioni tra i repubblicani: una più dedita alla spesa, un'altra più attenta allo stato dei conti pubblici.

Una vicenda che introduce un interrogativo di non poco conto: puoi fidarti ancora di Trump, quando l'uomo che ha speso una fortuna per portarlo alla Casa Bianca se ne è andato sbattendo alla porta? In questi mesi al presidente USA sono state perdonate sregolatezze e stravaganze - l'ultima è quella di aver pubblicato lo scorso 1 giugno sul suo Truth Social il post di un utente con la tesi che Joe Biden sarebbe e morto nel 2020 e sostituito da un robot - ma ora dargli fiducia presenta gli stessi rischi di una scommessa al buio.

Quindi, non bisogna meravigliarsi se non passa giorno - ieri è stata la volta del cancelliere tedesco Merz - che i principali leeder europei tentino di spingere Trump ad usare armi più persuasive verso Putin e di rabbonirlo sulla politica dei dazi. La verità è che nessuno vuole fare a meno del rapporto privilegiato con gli Stati Uniti in campo militare come in quello economico, tutti sono consapevoli che una rottura equivarrebbe a scrivere la parola «The End» sull'Occidente come lo abbiamo sempre inteso, ma di fronte agli atteggiamenti disarmanti della Casa Bianca si sta facendo avanti nel silenzio la consapevolezza che bisogna cominciare ad attrezzarsi per essere in grado di fare da soli.

La principale ragione che ha spinto Macron e la Meloni a siglare una tregua e a ricercare una collaborazione più stretta nasce proprio da questo non detto. Come pure l'approccio dei Paesi europei al prossimo vertice dell'Alleanza Atlantica in programma all'Aia dal 24 al 26 giugno: tutti sono convinti che nello scenario da brivido in cui sta precipitando il continente è indispensabile aumentare il contributo e il ruolo europeo nella Nato.

È comprensibile: nei prossimi anni la responsabilità di difendere quell'angolo di democrazia che è il vecchio continente rischia di ricadere per intero sulle spalle degli europei. Trump lo aveva detto il giorno del suo insediamento. Ora Starmer, Macron, Merz e Meloni se ne stanno rendendo conto. «È cinque minuti a mezzanotte per l'Europa», per usare un'efficace espressione del cancelliere Merz.

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