La missione di Antony Blinken in Medio Oriente si inserisce in un contesto di più ampie dimensioni rispetto alle circoscritte tensioni tra israeliani e palestinesi, e coinvolge l’Iran, la guerra in Ucraina e anche gli equilibri geo-strategici nell’Indo-Pacifico. Sul fronte mediorientale, il segretario di stato dopo le tappe in Egitto e Israele ha incontrato ieri il presidente dell’Anp Abu Mazen a Ramallah, sottolineando che gli Usa si oppongono ad ogni «azione unilaterale» delle due parti che rappresenti un ostacolo alla soluzione dei due stati, e questo «include l’estensione degli insediamenti, la demolizione delle case e la violazione dello status quo nei luoghi santi». Riportare la calma «è l’obiettivo immediato», ha continuato esprimendo cordoglio per «gli innocenti civili palestinesi che hanno perso la vita nelle violenze dell’ultimo anno».
Oltre l’escalation nella regione, a preoccupare Washington è anche il nodo Iran, pure in proiezione del conflitto in Ucraina. «La Russia trasferisce tecnologie sofisticate alla Repubblica islamica, cosa che preoccupa sia noi sia Israele», ha detto Blinken prima di lasciare Gerusalemme: «Restiamo uniti nell’affrontare le azioni destabilizzanti e pericolose che Teheran compie non solo nella regione, ma in maniera crescente anche altrove e fra queste c’è il trasferimento a Mosca della tecnologia dei droni per l’aggressione a Kiev». Il capo della diplomazia americana ha poi confermato che Stati Uniti ed Israele hanno «l’impegno comune» di impedire che Teheran si doti di armi nucleari. Diventa quindi sempre più evidente un legame tra la guerra ombra Iran-Israele e il conflitto russo-ucraino. In tutto questo si va ad innestare la questione dell’Indo-Pacifico, tema cruciale per Washington visto che è la Cina nel medio e lungo periodo la vera sfida strategica degli Usa (e Blinken dovrebbe recarsi a Pechino nei prossimi giorni). Lo dimostra anche il fatto che il capo del Pentagono Lloyd Austin sia volato a Seul per incontrare il suo omologo Lee Jong-sup, sottolineando come il loro impegno «per la difesa della Sud Corea rimanga incrollabile e gli Usa siano fermi nell’impegno di deterrenza estesa» contro le crescenti minacce missilistiche e nucleari del Nord. Seul è molto importante anche sul fronte del conflitto in Ucraina, essendo il luogo dove più di recente gli Stati Uniti sono andati recuperare armamenti da fornire a Kiev, a dimostrazione di come lo scacchiere geopolitico globale sia sempre più interconnesso. Nella sua missione asiatica il segretario alla Difesa ha in programma di recarsi poi nelle Filippine per continuare a tessere la rete di alleanze in funzione di contenimento della Cina. Secondo il Washington Post, gli Usa sono vicini ad un accordo formale per garantirsi un ampio accesso ad alcune basi militari del Paese comprese probabilmente due nell’isola settentrionale di Luzon, che secondo gli analisti darebbe loro la possibilità di gestire operazioni in caso di conflitti a Taiwan o nel Mare cinese meridionale. E l’intesa dovrebbe essere formalizzata proprio in un incontro tra i rispettivi ministri della Difesa.
Intanto, da Mosca, il ministro degli Esteri Serghei Lavrov ha ribadito l’invito di Putin al leader cinese Xi Jinping a recarsi in Russia in primavera, definendolo «un evento centrale» nelle loro relazioni. Ipotesi su cui la diplomazia del Dragone nicchia, sottolineando di «non aver informazioni da condividere». A ribadire la centralità del continente asiatico è stato anche, in toni decisamente cupi, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.
«Pechino osserva con attenzione cosa sta accadendo oggiin Ucraina e questo potrà influenzare le sue decisioni future.
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