Starmer blinda i confini del Regno Unito: non possiamo essere un'isola di stranieri

La stretta del premier laburista a Downing Street su cittadinanza, studio e conoscenza della lingua

Starmer blinda i confini del Regno Unito: non possiamo essere un'isola di stranieri
00:00 00:00

Prima gli inglesi. Il primo ministro britannico, Keir Starmer, ha presentato il piano sull’immigrazione: meno stranieri, controllo dei confini, stretta su residenza, lavoro, famiglia e studio. Una mossa che serve per arginare il drenaggio di voti dal partito anti-immigrati Reform UK guidato da Nigel Farage, che ha impaurito i Labour alle elezioni locali, crollati nei consensi come i Conservatori. In Gran Bretagna infatti buona parte dell’opinione pubblica è convinta che l’ondata migratoria abbia messo a dura prova i servizi pubblici e alimentato le tensioni etniche in alcune parti del Paese, risultando decisiva nella decisione di lasciare l’Unione europea nel 2016.

Parlando a Downing Street, il premier britannico ha annunciato la creazione di un sistema di regole sull’immigrazione legale per contenere l’avanzata di stranieri «in modo controllato, selettivo ed equo», tagliando il numero di visti concessi per lavori poco qualificati, aumentando le soglie salariali per i visti legati all’occupazione e innalzando gli standard di conoscenza dell’inglese per i migranti. A qualche osservatore non è sfuggito un linguaggio stile Brexit quando l’esponente laburista ha annunciato che la Gran Bretagna «riprenderà il controllo delle frontiere britanniche».

L’obiettivo, come annunciato qualche giorno fa, è combattere le bande criminali di trafficanti che organizzano i viaggi per arrivare nel Regno Unito. Tutto il contrario dell’esperimento sulle «frontiere aperte» dei precedenti gabinetti di governo. Starmer ha ammesso che una parte dell’economia è «quasi dipendente» dalla manodopera immigrata a basso costo, da qui maggiori investimenti su apprendistato e formazione dei lavoratori britannici, promessa in passato ma rimasta lettera morta. Il che si traduce in una stretta sulla cittadinanza, che verrà concessa dopo 10 anni nel Regno Unito per 10 anni, non più soltanto cinque, con tempi d’attesa più brevi per coloro che contribuiscono e si integrano. «La migrazione fa parte della storia nazionale britannica», ha sottolineato l’inquilino di Downing Street, ma senza regole ferree «rischiamo di diventare un’isola di estranei, non una nazione che cammina insieme».

Secondo i dati ufficiali, il saldo tra stranieri che entrano ed escono dal Regno Unito è di 900mila cittadini in più (dati fermi a giugno 2023), quasi quattro volte il livello pre-Brexit.

A giugno dell’anno scorso il saldo era sceso a 728mila residenti in più. Ogni giorni migliaia di migranti entrano nel Regno Unito a bordo di gommoni che attraversano la Manica su piccole imbarcazioni: l’anno scorso sono state 37mila, in calo rispetto alle 45.755 del 2022.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica