
Donald Trump all'attacco del Quarto Potere. Il presidente americano ha annunciato sul suo social Truth di aver intentato una causa per diffamazione e calunnia da 15 miliardi di dollari contro il New York Times da lui definito "uno dei giornali peggiori e più degenerati nella storia del nostro Paese, divenuto un portavoce del Partito Democratico di Sinistra Radicale". L'accusa avanzata dal tycoon, spesso rivolta a diversi media americani, arriva mentre, all'indomani dell'uccisione di Charlie Kirk, il capo della Casa Bianca e i suoi consiglieri preparano un'ondata di provvedimenti contro le organizzazioni radicalizzate a sinistra.
La causa, rivolta contro il quotidiano liberal e quattro suoi giornalisti, è stata depositata presso la Corte distrettuale degli Stati Uniti in Florida e cita diversi articoli e un libro scritti da due reporter del New York Times pubblicati prima delle elezioni del 2024. Secondo la denuncia presentata dal presidente Usa gli scritti in questione sono stati pubblicati con "effettiva malizia" nei confronti di Trump e hanno causato "enormi" perdite economiche e danni ai suoi "interessi professionali e occupazionali". La tempistica della messa in stampa degli articoli e del libro, prosegue l'accusa, è stata programmata "nel pieno della stagione elettorale per infliggere il massimo danno elettorale" all'allora candidato repubblicano alla presidenza.
Su Truth il tycoon ha sottolineato che considera la questione come il "più grande contributo illegale a una campagna elettorale di sempre. Il loro appoggio a Kamala Harris è stato addirittura messo in prima pagina sul New York Times, cosa inaudita fino ad allora". Per Trump il giornale di New York "ha utilizzato per decenni il metodo di mentire sul vostro Presidente preferito (io!), sulla mia famiglia, sulla mia attività, sul Movimento America First, sul Maga e sulla nostra Nazione nel suo complesso". "Al New York Times", ha concluso il presidente Usa, "è stato permesso di mentire, diffamare e calunniare liberamente per troppo tempo, e tutto questo finisce adesso".
Un portavoce del prestigioso quotidiano ha commentato la causa sostenendo che essa "non ha alcun fondamento legale legittimo ed è invece un tentativo di soffocare e scoraggiare l'informazione indipendente". Il portavoce ha quindi precisato che "il New York Times non si lascerà scoraggiare da tattiche intimidatorie. Continueremo a indagare sui fatti senza timore o favoritismi e a difendere il diritto dei giornalisti, sancito dal Primo Emendamento, di porre domande a nome del popolo americano".
Quello con il New York Times è solo l'ultimo scontro tra il repubblicano e i media Usa. Trump ha intentato causa per la modifica di un servizio del programma "60 minutes" della Cbs News ottenendo a luglio un accordo da 16 milioni di dollari con la Paramount. Anche la causa di diffamazione contro Abc News e il conduttore George Stephanopoulos si è conclusa con un patteggiamento da parte dell'emittente per 15 miliardi di dollari. Due mesi fa invece il capo della Casa Bianca ha fatto causa al Wall Street Journal per un articolo in cui rivelava un biglietto di auguri osceno indirizzato a inizio anni Duemila da Trump al finanziere Jeffrey Epstein, suicidatosi in carcere nel 2019.
Il commander in chief ha minacciato di intentare causa più volte contro il New York Times, pochi giorni fa sempre sul caso Epstein e a giugno, assieme alla Cnn, per la pubblicazione di report dell'intelligence non particolarmente positivi sull'esito degli attacchi Usa ai siti nucleari iraniani.