Trump, mani sullo Smithsonian. Lotta al woke con le stesse armi

La Casa Bianca vuole avviare una revisione delle mostre. Il tycoon aveva accusato l’istituzione di "ideologia divisiva"

Trump, mani sullo Smithsonian. Lotta al woke con le stesse armi
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Donald Trump, da presidente degli Stati Uniti, non si accontenta di scrivere la Storia. Vuole anche riscriverla. Dopo avere scatenato una guerra (vinta) contro le università «liberal», accusate di «wokismo» e antisemitismo, e avere assunto il pieno controllo del Kennedy Center di Washington, altro bastione progressista, il tycoon ora si lancia in una nuova offensiva culturale contro il principale custode della memoria americana, lo Smithsonian, il più grande complesso museale del mondo. Il Wall Street Journal ha rivelato che in una lettera inviata ai vertici dell'istituzione, la Casa Bianca ha annunciato di volere condurre nei prossimi mesi un'ampia revisione delle mostre, dei materiali e delle attività di otto dei 19 musei Smithsonian che si trovano a Washington, per garantire che presentino al pubblico «l'unità, il progresso e i valori duraturi che definiscono la storia americana» e riflettano l'ordine esecutivo del presidente che chiede di «ripristinare la verità e la sanità mentale nella storia americana».

Nel mirino sono finiti i musei a carattere storico, quelli di arti figurative, come l'American Art Museum e la National Portrait Gallery, ma anche quello di Storia naturale e il National Air and Space Museum. L'ordine al quale fa riferimento la lettera della Casa Bianca era quello firmato a marzo, nel quale Trump accusava proprio lo Smithsonian di essere caduto «sotto l'influenza di un'ideologia divisiva e incentrata sulla razza» che sottoponeva il pubblico a un «indottrinamento ideologico o a narrazioni divisive che distorcono la nostra storia comune». Allora, non venivano indicati esempi concreti di eccessi di «wokismo», peraltro difficili da trovare nel rigore con il quale i ricercatori dello Smithsonian allestiscono le varie exhibit. Anche se, il pensiero dei più era andato in particolare a un museo, peraltro tra i più popolari, che per sua stessa istituzione ha il compito di esporre alcune delle pagine più buie della Storia americana, il Museo nazionale della storia e della cultura afroamericana, inaugurato nel 2016 da Barack Obama.

Qualche avvisaglia del nuovo corso c'era stata già nelle scorse settimane, quando forse per troppo zelo o per prevenire eventuali sfuriate i curatori di una mostra all'American History Museum avevano completamente rimosso i riferimenti ai due impeachment ai quali era stato sottoposto il tycoon durante il suo primo mandato, salvo poi riproporli in una versione più sfumata. Ma ora l'obiettivo della Casa Bianca, in vista delle celebrazioni dei 250 anni degli Stati Uniti, sembra essere quello di fare piazza pulita dei contenuti più scomodi, o al massimo contestualizzarli in modo da edulcorarne gli aspetti negativi per fare comunque prevalere quell'«eccezionalismo americano» al quale Trump fa continuamente appello. La leva per raggiungere lo scopo è la stessa usata nello scontro con le università dell'Ivy League, l'ingente quantità di fondi che il governo federale immette nelle casse di queste istituzioni culturali. A maggior ragione fondamentali per lo Smithsonian, i cui musei sono totalmente gratuiti: nel budget annuale di 1,25 miliardi di dollari, due terzi provengono da finanziamenti pubblici.

Il rischio, ha denunciato al Journal Tiya Miles, docente di storia all'Università di Harvard, è che allo Smithsonian venga chiesto di interpretare la storia basandosi sul «punto di vista di un solo uomo», anziché su studi accademici e ricerche.

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