Trump verso deportazioni in Libia: svolta estrema nella stretta anti-migranti

L’amministrazione Trump valuta deportazioni di migranti in Libia, nonostante torture e abusi nei centri di detenzione. Possibili trasferimenti già da questa settimana

Trump verso deportazioni in Libia: svolta estrema nella stretta anti-migranti
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L’amministrazione del presidente Donald Trump potrebbe avviare già questa settimana le prime deportazioni di migranti verso la Libia, secondo quanto riferito da tre funzionari statunitensi. La misura rappresenterebbe un'ulteriore stretta nella linea dura adottata dalla Casa Bianca in tema di immigrazione, nonostante le precedenti condanne di Washington sulle gravi violazioni dei diritti umani nei centri di detenzione libici. Il potenziale utilizzo della Libia come destinazione arriva dopo la deportazione di un gruppo di venezuelani a El Salvador, dove sono detenuti in una prigione di massima sicurezza progettata per i terroristi.

Fonti vicine al dossier hanno indicato che l'esercito americano potrebbe effettuare i trasferimenti già da oggi stesso, secondo quanto anticipato in un'esclusiva di Reuters, anche se i piani restano soggetti a variazioni. Il Pentagono ha rimandato le richieste di commento alla Casa Bianca, mentre il Dipartimento di Stato e quello per la Sicurezza Interna non hanno fornito dichiarazioni ufficiali. La Casa Bianca ha rifiutato di commentare. Non è ancora noto né il numero di migranti coinvolti né la loro nazionalità. Tantomeno la stampa è riuscita a confermare se siano stati raggiunti accordi formali con Tripoli per accettare deportati di paesi terzi.

L’ipotesi di rimpatri in Libia solleva forti interrogativi, soprattutto alla luce delle denunce contenute nel rapporto annuale del Dipartimento di Stato USA, che ha documentato condizioni carcerarie estreme e pratiche di detenzione arbitrarie nel Paese nordafricano, ancora segnato dall’instabilità post-rivoluzionaria e dalla divisione tra fazioni rivali dal 2014. L'iniziativa si inserisce in una strategia più ampia della Casa Bianca per aumentare le espulsioni e scoraggiare l’immigrazione irregolare. Dal suo insediamento, Trump ha fatto dell’immigrazione un cavallo di battaglia, promettendo deportazioni di massa e minacciando misure drastiche come la reclusione a Guantanamo Bay.

Secondo il Dipartimento per la Sicurezza Interna, l’amministrazione ha espulso finora oltre 152.000 persone. Le autorità hanno anche esercitato pressioni su altri paesi per accogliere deportati, tra cui El Salvador, e ora guardano a nuove destinazioni. "Stiamo lavorando con nazioni che possano accettare alcuni degli individui più pericolosi", ha dichiarato il Segretario di Stato Marco Rubio durante un recente incontro alla Casa Bianca, aggiungendo: "più lontano li mandiamo, meglio è". La Corte Suprema ha già temporaneamente bloccato, il 19 aprile, l'espulsione di alcuni migranti venezuelani sospettati di legami con bande criminali, mentre l’amministrazione tentava di invocare una legge raramente utilizzata in tempo di guerra per aggirare le restrizioni legali. Resta, tuttavia, poco chiaro se i migranti destinati alla Libia avranno accesso a un giusto processo prima della deportazione.

Quanto ai rapporti diplomatici con la Libia, gli Stati Uniti intrattengono relazioni formali solo con il governo di Tripoli.

Tuttavia, il figlio di Haftar, Saddam, è stato a Washington la scorsa settimana e ha incontrato diversi funzionari dell'amministrazione Trump. Quest'ultimo ha avuto rapporti amichevoli durante il suo primo mandato con Haftar.

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