Politica internazionale

"Sono stati i francesi, Macron chieda scusa". La rivelazione di Amato su Ustica

Per l’ex premier, il presidente francese dovrebbe verificare la fondatezza di questa tesi e togliere l’onta che pesa sulla Francia

"Sono stati i francesi, Macron chieda scusa". La rivelazione di Amato su Ustica

Ascolta ora: ""Sono stati i francesi, Macron chieda scusa". La rivelazione di Amato su Ustica"

"Sono stati i francesi, Macron chieda scusa". La rivelazione di Amato su Ustica

00:00 / 00:00
100 %
Tabella dei contenuti

L’obiettivo era fare la pelle al dittatore libico Muammar Gheddafi, che si presumeva in volo su un Mig della sua aviazione. Il piano della Nato prevedeva di simulare un’esercitazione, con molti aerei in azione, nel corso della quale sarebbe dovuto partire un missile contro il leader nordafricano. L’esercitazione era una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l'attentato come incidente involontario, ma a rimetterci fu il Dc9. L’ex presidente del consiglio, Giuliano Amato, in un’intervista al quotidiano La Repubblica, fa accuse precise in merito alla vicenda di Ustica dove morirono 81 civili innocenti.

Le responsabilità della Francia

“La versione più credibile è quella della responsabilità dell'aeronautica francese, con la complicità degli americani e di chi partecipò alla guerra aerea nei nostri cieli la sera di quel 27 giugno”, ha dichiarato Amato. A distanza di anni, uno degli uomini più influenti del Partito socialista italiano ha deciso di dare il suo contributo per ricostruire cosa accadde nei cieli italiani nel 1980. “Gheddafi fu avvertito del pericolo – ha continuato l’ex presidente del consiglio – e non salì sul suo aereo. Il missile sganciato contro il Mig libico finì per colpire il Dc9 dell'Itavia che si inabissò con dentro ottantuno innocenti. L'ipotesi più accreditata è che quel missile sia stato lanciato da un caccia francese partito da una portaerei al largo della costa meridionale della Corsica o dalla base militare di Solenzara, quella sera molto trafficata. La Francia su questo non ha mai fatto luce”.

Le scuse di Macron

Amato punta l’indice contro l’attuale classe politica francese. “Mi chiedo – ha detto – perché un giovane presidente come Macron, anche anagraficamente estraneo alla tragedia di Ustica, non voglia togliere l'onta che pesa sulla Francia. E può toglierla solo in due modi: o dimostrando che questa tesi è infondata oppure, una volta verificata la sua fondatezza, porgendo le scuse più profonde all'Italia e alle famiglie delle vittime in nome del suo governo. Il protratto silenzio non mi pare una soluzione”. L’esponente socialista ha evidenziato come, in un primo momento, i militari si fossero chiusi in un silenzio inspiegabile, mettendo i bastoni fra le ruote a coloro che indagavano. Allora si voleva accreditare la tesi della bomba esplosa all’interno dell’aeromobile. Smontata la pista falsa del cedimento strutturale del velivolo si costruì un’altra menzogna: quella dell’ordigno.

La verità schermata

“Ovviamente – ha osservato Amato – mi chiedevo perché venissero a dirmi queste falsità. Capivo che c'era una verità che andava schermata. E la nostra aeronautica era schierata in difesa della menzogna. C'era qualcosa di molto inquietante in tutto questo. Se tanti militari, tutti con incarichi ufficiali molto importanti, dicevano la stessa cosa palesemente falsa dietro doveva esserci un segreto molto più grande di loro. Un segreto che riguardava la Nato”. Amato ricorda che fu l'allora “presidente del consiglio Bettino Craxi a chiedermi di occuparmi del caso Ustica, nell'agosto del 1986. La sollecitazione era arrivata dal presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, su pressione di parlamentari e intellettuali. A quell'epoca navigavamo ancora nel buio".

L’insofferenza di Craxi

Amato ha rivelato come Craxi fosse insofferente di fronte alle sue perplessità sulle tesi dei generali. “Andavo da lui – ha affermato – per avere sostegno sui fatti che secondo me le smentivano e il presidente mi diceva senza mezzi termini che dovevo evitare di rompere le scatole ai militari. Poi mi faceva fare, perché questo era il nostro rapporto. Ma non era contento”. Sul perché fosse insofferente, Amato non ha dubbi: “Avrei saputo più tardi, ma senza averne prova, che era stato Bettino ad avvertire Gheddafi del pericolo nei cieli italiani. Non aveva certo interesse che venisse fuori una tale verità: sarebbe stato incolpato di infedeltà alla Nato e di spionaggio a favore dell'avversario. In fondo è sempre stata questa la sua parte.

Amico di Gheddafi, amico di Arafat e dei palestinesi: uno statista trasgressivo in politica estera”.

Commenti