
Ho letto che alla Scala, Roberto Bolle alla fine dello spettacolo è uscito sulla scena con una bandiera palestinese e dietro la scritta a caratteri cubitali: stop al genocidio. Lo invito a fare due cose, non mischiare la danza alla politica, e ripetere lo stesso show o fuori programma presentandosi con la bandiera del Saharawi e la scritta, sì al loro Stato. Non sa chi sono i Saharawi? Si informi così come dovrebbe fare per i palestinesi. Non vorrei pensare che il suo gesto non sia veramente sentito ma solo perché gli avvenimenti sono sotto i riflettori del mondo. Allora si faccia promotore anche di quest'altra causa oppure la smetta di cercare luce per manie di protagonismo, di cui peraltro non ha bisogno.
Rocco Bruno
Caro Rocco,
hai perfettamente ragione. Oggi va di moda sventolare la bandiera palestinese sul palco, nei talk, sui balconi e persino sui palchi della Scala, come ha fatto Roberto Bolle in uno slancio più conformista che coraggioso. E chiunque osi sollevare un sopracciglio davanti a simili teatrini viene immediatamente bollato come nemico dell'umanità, fautore di genocidi, servo dell'impero occidentale, insomma: mostro.
Bolle, ballerino eccellente ma politologo improvvisato, si è fatto trascinare anche lui in questa farsa collettiva. È apparso sul palco con una bandiera palestinese e la scritta «Stop al genocidio». Non solo ha politicizzato un luogo sacro alla cultura italiana, ma ha anche ridotto il palcoscenico della Scala a uno spazio di propaganda, banalizzando una questione estremamente complessa e dolorosa. Non credo che la danza classica sia il veicolo più adatto per semplificazioni da slogan da corteo. E, con tutto il rispetto, non sentivamo il bisogno che Bolle si autoproclamasse esperto di geopolitica.
La verità è che oggi, più che dire qualcosa di sensato, è fondamentale dire qualcosa. Purché sia allineato al verbo dominante: Israele brutto e cattivo, palestinesi tutti vittime innocenti, stop al genocidio. E guai a proporre un ragionamento fuori dal coro. Guai a ricordare che il 7 ottobre è avvenuta una carneficina orrenda, che a Gaza comanda Hamas, un'organizzazione terroristica che si fa scudo dei civili, che sequestra gli aiuti, che predica l'odio religioso, la morte degli ebrei, la distruzione dell'Occidente. No, questo non si dice. Meglio mettersi in posa col drappo palestinese e sentirsi dalla parte giusta della Storia. Che poi sia quella sbagliata, poco importa.
Il problema è che questi teatrini vengono messi in scena da personaggi pubblici che influenzano le coscienze. Non perché siano profondi pensatori, ma perché fanno share. Così assistiamo ogni giorno a dichiarazioni surreali, a prese di posizione «obbligate» da parte di attori, cantanti, ballerini, influencer, persino conduttori comici come Enzo Iacchetti, che si è esibito a Cartabianca in una delle performance più stucchevoli e penose degli ultimi anni. Tutti accomunati da un medesimo bisogno: mostrarsi buoni, giusti, puri. A qualunque costo. Anche a costo di piegare la verità. E poco importa che quella bandiera palestinese sia esattamente la stessa che Hamas brandisce mentre lancia razzi, mentre massacra neonati, mentre sequestra civili, mentre addestra i bambini alla jihad. Quella bandiera è diventata l'emblema di un pacifismo che marcia con i petardi in tasca, che tira sassi agli agenti, che urla alla libertà mentre distrugge tutto ciò che è libero. Eppure sta ovunque. Sui tetti, nei cortei, nelle chiese, nei consigli comunali. E chi osa difendere il tricolore italiano o la bandiera israeliana viene messo alla gogna come guerrafondaio o fascista.
Bolle è solo l'ultimo esempio, ma non il peggiore. Il peggio è il pensiero unico che si è ormai insediato ovunque: nella cultura, nell'arte, nei media, nei salotti, persino nelle scuole. È un pensiero che obbliga a prendere posizione anche quando si è ignoranti in materia. Che ti costringe a dimostrare quanto sei solidale, progressista, sveglio. E lo fai con un drappo addosso, con una frase fatta, con una lacrima teatrale. Nessuno studio, nessuna riflessione. Solo conformismo.
La verità è che la bandiera palestinese non rappresenta più la speranza di un popolo. È stata sequestrata da Hamas e da chi, in suo nome, predica morte e disumanità. Esporla oggi, senza mai menzionare Hamas, senza mai condannare il 7 ottobre, è come sventolare la bandiera dell'Isis nel nome della spiritualità islamica.
È ignoranza, oppure malafede. Tertium non datur.Chi davvero tiene alla pace non strumentalizza un teatro per gridare slogan. Studia, analizza, ragiona. E soprattutto condanna il terrorismo. Sempre. Senza distinzioni di bandiera.