La sinistra in piazza senza idee e senza guide

La manifestazione di sabato non è stato un momento di rinascita, ma il consueto rituale autocelebrativo della sinistra

La sinistra in piazza senza idee e senza guide
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Gentile Direttore Feltri,
cosa ne pensa del fatto che a Roma, lo scorso sabato, siano scese in piazza 300 mila persone condotte dalla sinistra, cioè dai leader progressisti, capaci a quanto pare di creare ancora una certa mobilitazione?
È evidente che si tratta di un successo. Perché negarlo? Forse per paura?

Roberto Mancini

Caro Roberto,
ammesso e non concesso che fossero davvero 300mila - cifra che i promotori tendono sempre ad arrotondare con entusiasmo -, nessuno nega che la partecipazione sia stata significativa. Ma da qui a parlare di «svolta», di indebolimento del governo e rafforzamento dell'opposizione, ce ne corre. Dovremmo ormai averlo imparato: la sinistra riesce a compattarsi solo per qualche ora, in piazza, nella fine settimana. Poi, appena si spengono i megafoni e si tratta di costruire una linea politica coerente, si sfalda. Immancabilmente.

Ostilità, gelosie, correnti intestine: è questa la vera specialità progressista. E puntualmente si perde alle urne. È a quel punto che si rivela la fragilità di ciò che tu chiami «successo»: è una suggestione passeggera, non un segnale di forza strutturale.

Fare politica non significa saper organizzare cortei, gay pride, raduni arcobaleno o palestinesi. Non è questione di saper animare un sabato pomeriggio a suon di slogan stantii e cori nostalgici. Fare politica significa assumersi responsabilità, proporre visioni, guidare processi. Dove sono le idee? Dove un progetto credibile? Te lo dico io: da nessuna parte.

E dove sarebbe il leader? Elly Schlein? Giuseppe Conte? Lasciamo stare Bonelli e Fratoianni, i quali, con tutto il rispetto, possiedono meno carisma di un mobile da montare. Non insulto, constato. Tutti insieme, uniti, non fanno neanche mezza testa.

La manifestazione di sabato non è stato un momento di rinascita, ma il consueto rituale autocelebrativo della sinistra: bandiere scolorite, canti da campo scout, icone ideologiche tirate fuori da un baule anni '70.

E poi? Dopo tutto questo clamore, cosa resta? Nulla. Il vuoto. Un vuoto politico imbarazzante, un'assenza cronica di contenuto che allontana il popolo, anziché avvicinarlo.

Ecco dove oggi si misura davvero la distanza della sinistra dal Paese reale: nell'incapacità di offrire direzione, concretezza, governo.

Sabato li ho visti sorridere sul palco - i piccoli capi della minoranza - e ho provato una sorta di malinconia: sembrava un gruppo di reduci che cercava di convincersi di esistere ancora. Ma, in cuor loro, sapevano che non è così.

Poi la festa finisce. La gente torna a casa. Le bandiere si arrotolano. Le luci si spengono. Il rumore svanisce.

E tutto resta come prima: senza idee, senza guida, senza futuro.

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