LA POLITICA DEL LIBERI TUTTI

Sono la doppiezza, l’ambiguità e una marcata impudicizia politica i tratti distintivi dell’attuale governo e della variegata maggioranza che schizofrenicamente lo sostiene, magari sdoppiandosi fra piazza e Palazzo. Vogliono e non vogliono, dicono e non fanno, fanno e non dicono. L’esecutivo ormai ha lingua biforcuta, sia nella manovra economica sia in materia di sicurezza. Parecchi italiani probabilmente hanno avuto un moto di simpatia per Giuliano Amato, che si è detto tormentato e dolente per aver approvato, senza crederci, l’indulto, che ha fatto largo nelle carceri rendendo alle strade, ai quartieri, alle città, i loro criminali d’ordinanza. Qualche ingenuo deve aver partecipato al tormento dell’uomo del Viminale costretto a osservare che la liberazione di migliaia di delinquenti non ha giovato e che, in un Paese civile, la certezza del diritto si accompagna alla certezza della pena.
Sempre qualche ingenuo deve aver pensato che, in fondo, nel governo c’è gente che si preoccupa della sicurezza dei cittadini, della loro quotidiana sofferenza sotto l’attacco della criminalità piccola (si fa per dire) e grande. Ebbene, gli ingenui smettano di lacrimare sui tormenti del Dottor Sottile. L’Unione, che mette in campo Amato, contemporaneamente ha presentato un disegno di legge che prevede un ulteriore e duraturo provvedimento di clemenza. La proposta (fra i firmatari la capogruppo ds a Palazzo Madama Anna Finocchiaro e il senatore Guido Calvi) prevede che i condannati a pene detentive fino a due anni possano scontarle in casa, agli arresti domiciliari, come si suol dire. E quelli condannati al carcere per un anno potrebbero passare direttamente al beneficio della libertà vigilata. Una vera rivoluzione, con i poliziotti che dovrebbero svolgere i compiti dei portieri d’albergo, per controllare che i discoli affidati alle loro cure non lascino la casuccia loro, magari per commettere altri reati. Le cronache, in questo senso, sono maestre di vita: sono piene di condannati ai domiciliari o di vigilati che di tanto in tanto scippano, stuprano, rapinano.
Qualche esperto ha fatto due conti: per effetto dell’indulto ogni mese circa 1.500 detenuti lasciano il carcere; se entrasse in vigore la nuova proposta, a questi si aggiungerebbero alcune centinaia di condannati liberi di sciamare. Un bel regalo a un Paese che avverte drammaticamente l’insicurezza del vivere quotidiano, soprattutto per quelle fasce più esposte della popolazione (donne, bambini, anziani) che si sentono sempre più straniere nei loro quartieri.
La verità è che per pregiudizi ideologici, radicati e mai rinnegati, una certa sinistra rifiuta l’idea della responsabilità personale per gli illeciti penali: la colpa è sempre, in gran parte, della società e allora si fa soffrire quella e non i criminali. Per una simile sinistra è logico immaginare una società senza carceri, anche se non si ha la ricetta giusta per renderla, preliminarmente, senza delitti.
Nel governo e nella maggioranza si accozzano voci e anime diverse, ma vincono sempre quelle estremiste. Fanno tenerezza i margheritini che vorrebbero conquistare l’elettorato moderato promettendo la «tolleranza zero». Bravi, bel progetto, vadano a parlarne ai presentatori del disegno di legge sulla «clemenza continua». Non rischiano nulla, in carcere i rutelliani non ci andrebbero, al massimo si beccherebbero i «domiciliari».


La clemenza che supera i paletti della logica e della morale diventa un virus. Nella maggioranza si ricomincia a parlare di amnistia. Un bel colpo di spugna che segnerebbe la resa dello Stato. Il peggio deve ancora venire.

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