Modello Roma? Meglio laboratorio Roma. Perché la capitale «è stata aciclica, non si è fatta ingannare dalle incompletezze della Seconda Repubblica, è stata laboratorio». E questa «andrebbe fusa nel Paese» e «non bisogna rovinarla». È questa la definizione della capitale del primo scorscio del Duemila secondo Luigi Abete, presidente dellUnione industriali di Roma, che oggi celebrerà allAuditorium di Confindustria il rito annuale dellassemblea generale del «sindacato» che rappresenta 1.500 imprese, divise in 21 sezioni di categoria, per un totale di 150mila dipendenti e che, primo in Italia, ha perto le porte ai gruppi bancari italiani e stranieri. Una realtà sana, quella dellimprenditoria cittadina e regionale. Purché non ci si metta la politica a rovinare tutto. Perciò, messaggio ai naviganti: «Il laboratorio Roma non deve essere inquinato dalle contese politiche. I risultati ottenuti ci soddisfano, bisogna andare oltre, non esasperare criticità che non sono solo di Roma ma riguardano tutto il Paese, come la legalità e il governo della sicurezza». Quindi, anche in vista del futuro cambio di governo cittadino, Abete chiede alle forze politiche «di guardare avanti e pensare a come migliorare ancora i dati già ottimi» ottenuti grazie alla «capacità concertativa e di inclusione sociale garantita da chi ha governato negli ultimi 13 anni, ma anche dalle forze imprenditoriali e sociali». Guardare avanti con lo sguardo rivolto «alla domanda che cambia, alle nuove aspettative di qualità della vita di cittadini e turisti, al bisogno di mobilità» per mantenere «i risultati positivi - sottolinea il leader degli industriali - che sono i migliori del Paese sul fronte economico, del turismo e della competizione, che fanno di Roma una città aciclica». Una città che quando lItalia corre «accelera, e quando lItalia frena continua a crescere». Ma, anche, una città che «sta per spiccare il salto di qualità e deve quindi accelerare perché» nonostante gli ottimi risultati «non è più adeguata alla domanda sociale».
Le inadeguatezze sono, ad esempio, quelle relative al turismo: si parla sempre di boom dei visitatori, ma in realtà resta «troppo bassa la media di permanenza dei visitatori». Di qui la necessità di «accelerare il cambiamento puntando sulle piccole imprese, offrendo loro sostegno e infrastrutture - strade, ferrovie, aeroporti o porti». Il presidente degli industriali laziali guarda al futuro pensando alle imprese più fragili («le piccole e non le medie»), ma anche leggendo le cifre dei troppi morti sulle strade («356 nel 2005 nella sola provincia di Roma», praticamente uno al giorno) per ridurre i quali «sarebbe meglio incentivare i vigili urbani guardando a parametri di produttività dei risultati che non sono quelli del numero delle multe fatte, ma della riduzione degli incidenti mortali». Perché questi morti «pesano sulla coscienza di tutti noi», ammette Abete.
Infine qualche parola sulla vertenza dei tassisti, destinata a chiudersi dopo poche ore (o no?). Ebbene, per Abete si è trattato della «peggiore telenovela italiana degli ultimi 10 anni».
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