Politica

La politica secondo Confalonieri: «Berlusconi? È il nostro Re Sole»

Il presidente di Mediaset: Letta come Colbert. Successori di Silvio? Fini, Casini o Formigoni

Mimmo Di Marzio

L’amicizia, diceva Aristotele, è una virtù o si accompagna alla virtù, ed è inoltre cosa necessarissima per la vita. E quella che lega Fedele «Fidel» Confalonieri a Silvio Berlusconi è cementata sui campetti dell’oratorio dei salesiani e, qualche anno dopo, sulle navi da crociera dove il duo in versione musicale - Fedele al piano e Silvio alla voce - addolciva le serate marittime con un repertorio italo-francese anni ’40. Altri tempi, ancora lontanissimi dalla scalata mediatica e dalle trincee della politica che hanno sempre visto Confalonieri fedele alla traiettoria del compagno di liceo, silenzioso curatore dell’impero e forse con il sogno mai rivelato di fare pure lui un giorno il premier, anche se sotto la Madonnina. L’amicizia, quella vera, non tradisce ma anzi si rinnova nei momenti difficili. E allora ecco che, alla vigilia di una campagna elettorale annunciata al cardiopalmo, le polemiche sui conti pubblici e le alchimie sul partito unico, il presidente di Mediaset si confessa a tutto campo e in un’intervista a Panorama, traccia l’affresco di un’Italia contemporanea illuminata da un nuovo Re Sole. Il Cavaliere appunto. Con eleganza sorniona, giustifica l’ardito paragone con citazioni su passioni e abilità così simili a quelle di Luigi XIV. «Ne ha il senso monarchico della politica», ma non solo. Non ama essere contraddetto perché «i monarchi in tempo di assolutismo potevano solo essere amati, mentre in democrazia qualcuno si permette di odiarli. E il nostro re questo non lo capisce, soffre». Poi il pennello di Confalonieri si fa rapido e tratteggia qualche personaggio della corte. Ecco allora Gianni Letta indossare la divisa del gran consigliere Jean-Baptiste Colbert, «colui che registra i desideri e perfino le intenzioni del monarca e li esegue con rigore e sapienza». E siccome anche a quei tempi le fronde si sprecavano, perché non ricordare la penna affilatissima di Jean de La Fontaine, praticamente un Giulianone Ferrara imparruccato? E sarebbe così azzardato paragonare il ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi a Luis Le Vau, architetto mitico che il re Sole incaricò di costruire una «casa per farvi merenda», dove fuggire con la famiglia, lontano dall’etichetta e dalle fatiche del potere? C’è posto anche per Enzo Biagi, anticortigiano per eccellenza. Per lui soltanto un monito: Occhio, «non si sfregiano i monumenti».
Da Versailles a Palazzo Chigi il passo è breve, anzi brevissimo, e allora Confalonieri dà una bella bacchettata alle malelingue d’oltreconfine che parlano di un’Italia ammalata di berlusconismo. Macché, «è l’effetto-specchio dei giornali italiani che hanno cesellato l’immagine di un Berlusconi-Nerone che ha fatto male soprattutto all’Italia. Ma la storia insegna come le penne contemporanee, misere e splendide, costruiscono eroi e mostri. Pensiamo a Tiberio massacrato da Tacito...». E se un giorno Re Sole volesse cedere il suo scettro? Mai dire mai, lui sa che «è solo il dittatore quello che finisce per sempre». Alternative possibili? «Per rispetto alla continuità potrebbe guardare prima o poi ai Casini, ai Fini» e - perché no? - «ai Formigoni».
A proposito di penne, punzecchiano quelle di via Solferino, roccaforte assediata dai ramponi di Stefano Ricucci. Ma anche qui c’è chi ha voluto scorgere la longa manus del Re Sole. Figurarsi, «il Cavaliere è l’uomo più scoperto d’Italia, non c’è un suo vagito che non cada nei sospetti della Finanza». Quanto a Ricucci, «non lo conosco, che faccia in pace la sua scalata...». Confalonieri ne ha per tutti, dunque anche per le questioni sue. Cominciando dalla Rai. «È stato un errore non prendere Petruccioli, perché se rendi la Rai debole poi anche Mediaset si ammalerà». E a proposito di Segrate, giura che non fu certo lui ad aver impallinato Enrico Mentana, che ora si appresta a condurre un nuovo programma su Canale 5. «Nel passato l’ho difeso molte volte, poi lui ha alzato troppo la palla nella partita con Telemontecarlo; non mi è piaciuto il suo gioco». Però, assicura, è pace fatta. E la vendita delle azioni Mediaset? «Che c’entro io? Quel denaro è patrimonio personale di Berlusconi che avendo due famiglie ha forse pensato, per questioni dinastiche, di dare anche ai figli che ancora non lavorano tranquillità e libertà».

L’amicizia è una cosa seria.

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