Cultura e Spettacoli

Politica, solidarietà, capitalismo: la terza età degli U2 riparte dal rock

La band prepara il nuovo disco in uscita nel 2007

Paolo Giordano

Rieccola, la musica torna ad agitare gli U2. In questi giorni il gruppo va avanti e indietro tra Dublino ed Eze, dove c’è la villa provenzale di Bono, per mettere a punto le prime partiture del prossimo ciddì in uscita nel 2007. I brani, finora ne sono stati composti otto, hanno uno scheletro definito, insomma camminano già, e uno dei titoli dovrebbe essere Love is all we have left, amore è tutto ciò che abbiamo lasciato. Bono l’ha composto durante il suo ultimo viaggio in Africa, fatto come al solito a riflettori spenti, in silenzio. E così, quando a fine settembre inizieranno i lavori di preproduzione agli Abbey Road Studios di Londra (quelli dei Beatles, per intenderci), sul mixer ci sarà un copione già ben determinato: più rock, più spazio a The Edge e Larry Mullen. D’altronde, anche la coppia che probabilmente firmerà il prossimo album degli U2 è una garanzia. Si tratta di Rick Rubin, un mago cicciotto e barbuto abituato a trasformare in oro tutti i dischi che tocca (da quelli di Red Hot Chili Peppers fino a Johnny Cash), e Greg Fidelman, un tipino raffinato, con un debole per le nuove sonorità rock. In sostanza, quando torneranno nei negozi, gli U2 suoneranno ancora più essenziali di quanto siano nell’ultimo How to dismantle an atomic bomb, più immediati, e soprattutto meno vincolati alla sacralità del loro repertorio. Già durante l’ultimo tour, mostruoso per lunghezza e ricchissimo per incassi, Bono era stato quasi impertinente nel modificare la melodia di alcuni successi come One, cantando un ritornello pressoché irriconoscibile nella prima parte. Questi sono sintomi di vitalità, comunque.
D’altronde è senz’altro iniziata la nuova fase del gruppo, di cui sul sito www.youtube.com in questi mesi scorrono immagini vecchissime nel tempo, 1978 circa, irriconoscibili, quasi nostalgiche. Dopo la forsennata carica dei primi vent’anni di rock e l’impennata solidaristica dell’ultimo decennio, gli U2 sono entrati nella terza fase, quella che senza imbarazzi mescola buona musica, concerti di grande livello, iniziative di grandissimo impatto sociale e, anche, gestione accurata di un patrimonio colossale. È la terza età delle rockstar, quella più difficile da accettare per tutti, tifosi accaniti e accaniti detrattori. E infatti le ultime notizie su Bono hanno scatenato il solito, impietoso giochetto: il tiro all’icona. Anzi, peggio ancora, il sorriso di sufficienza: allora è proprio vero che la bontà era tutta una posa. Si sono mossi tutti, i fan sui blog, qualche musicista intollerante, persino opinionisti di solito in altre faccende (più importanti) affaccendati. Intanto, spieghiamoci: il 7 agosto il New York Times ha annunciato che Elevation, società di sei soci tra i quali Bono, ha acquistato più del 40 per cento delle edizioni Forbes, proprietaria tra l’altro del magazine simbolo del capitalismo. Un’operazione da circa 300 milioni di dollari. A stretto giro, si è venuto a sapere che gli U2, impegnati ad amministrare un impero economico da 700 milioni di euro, hanno trasferito in Olanda la sede della loro società di edizioni per non pagare la nuova tassa imposta dal ministro delle finanze irlandese Brian Cowen sui redditi superiori ai 250mila euro. D’ora innanzi sborseranno una cifra minima sulle loro royalties, qualcosa come l’1,6 per cento annuo. Lo hanno già fatto i Rolling Stones e chissà quanti altri, anche italiani. Infine, roba di pochi giorni dopo, la Bbc ha informato che gli abitanti di Dublino sono molto arrabbiati perché sulle rive del Liffey dovrebbe nascere la U2 Tower, un grattacielo «luxury» da 31 piani, il più alto dell’Irlanda, che ospiterà anche i nuovi studi di registrazione del gruppo. «Una mostruosità», dicono. Insomma, è la risacca del successo, quell’inevitabile metronomo che, dopo gli osanna (e gli ultimi due anni della band sono stati trionfali), impone il contrappasso delle critiche. «È tempo che qualcuno dica a Bono di star zitto e cantare» ha scritto qualche giorno fa l’economista Matt Cooper sul Sunday Times, che se l’è presa con «la rockstar diventata investitore». Dall’altra parte del mondo, gli organizzatori del «World’s biggest Peace concert» di Atlanta hanno invitato il leader degli U2 a partecipare al gigantesco concerto del 28 agosto 2007 nell’anniversario del discorso «I have a dream» di Martin Luther King.
Intanto, proprio in questi giorni, gli U2 sono lì a scriver canzoni. Insomma sono le tre facce della più grande rockband del mondo e, forse per la prima volta nella storia della musica, convivono senza cancellarsi l’un l’altra, oppure ipocritamente nascondersi.

E anche questo, se vogliamo, è un successo.

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