Gli 007 licenziano Bond «Uno così egoista non lo assumeremmo»

Nella ricerca di nuovi agenti bocciato il profilo dell'eroe letterario. Ecco spiegato perché i Servizi britannici oggi non ne azzeccano una

Chissà come se la cava Bob Quick con il «team building». L'ex capo dell'anti terrorismo britannico è celebre soprattutto per le sue dimissioni, rassegnate dopo la foto all'uscita da Downing Street con in bella vista i segretissimi piani di un'operazione contro una cellulare di Al Qaida, documenti top secret che finirono in bella vista su tutti i tabloid. E poi c'è la storia di Jihadi John, il boia che compare nei video più famosi di esecuzioni di ostaggi dell'Isis. Gli 007 britannici hanno dovuto ammettere che tenevano d'occhio la nuova star del terrore dal 2009, ma gli era sgusciato via per andare a combattere contro l'Occidente. Così pure Michael Adebolajo, lo sgozzatore di Londra, anche lui libero di agire pur essendo da tempo nel mirino dei servizi britannici. Per non parlare delle false informazioni fornite al governo di Tony Blair sulle armi di distruzione di massa in Iraq e il fallimento nel prevedere il grande attentato del 7 luglio 2005. O la volta che, nel 2011, una squadra di agenti infiltrati in Libia fu scambiata per mercenari catturata.

Una lunga lista di figuracce che ha demolito la fama che i Servizi segreti di Sua Maestà si erano costruiti sul campo durante l'ultima guerra mondiale ma anche, e soprattuto, grazie alla penna di Ian Fleming. Ecco perché sorprende l'ingratitudine dell'MI6 verso James Bond che, pur non essendo mai esistito, resta l'agente più famoso. Eppure, stando al sito di news Buzzfeed , l'intelligence inglese riterrebbe che uno come Bond-James Bond oggi non sarebbe adatto a fare l'agente, «verrebbe respinto qualora si facesse avanti» . I reclutatori insomma straccerebbero il suo curriculum perché uno così è troppo «incapace di fare squadra» perché «manca di intelligenza emotiva». «Il lavoro di squadra -spiega la fonte anonima- è centrale per la capacità del Sis (il Secret intelligence service, ndr) di produrre intelligence, e gli eroi che lavorano da soli raramente riescono ad ottenere molto». Ci si potrebbe soffermare sull'autenticità del giudizio, sulla credibilità della fonte, ma la realtà è che, vero o artefatta che sia l'indiscrezione, pare di vederli gli scribacchini dell'MI6 mentre sorseggiano un whisky e cazzeggiano davanti al trailer di «Spectre», l'ultimo film della saga di Bond, soppesando l'interpretazione di Daniel Craig, che dà vita a un Bond « misogino e solo». Un altro accenno credibile, visto che è noto tra l'altro che, a fronte delle nuove sfide che l'intelligence occidentale si trova a fronteggiare (fallendo in continuazione), l'Mi6 sta davvero reclutando nuovi agenti ed aveva fatto sapere di voler ampliare la componente femminile, proprio perché si riteneva fondamentale «l'intelligenza emotiva» che, qualunque cosa sia, sarebbe più spiccata di solito nelle donne. Ci mancavano solo le quote rosa dei servizi segreti, in realtà storicamente da sempre territorio ben frequentato dal gentil sesso, sia nella realtà che nella fiction.

Intelligenza emotiva e team building sono due classici delle teorie di management anglosassoni, categorie che per fortuna stanno un po' passando di moda. Nelle grandi aziende sempre più di rado, per fortuna, ci si vede proporre la gita in barca a vela con il capo e i manager per «fare gruppo». Eppure nelle vita di società e istituzioni si continuano ad adottare teorie che tentano di imbrigliare il talento, di livellarlo alla mediocrità del gruppo, scioccamente presunto superiore, a prescindere dal valore dei singoli.

Da Fausto Coppi a Maradona, i grandi solisti sono da sempre parafulmini di

critiche spietate. Gli irregolari fanno paura alla burocrazia. È l'eterno dilemma di Sacchi: Baggio può coesistere con Signori?

La verità è che sarebbe James Bond, se ricevesse un'offerta dall'attuale MI6, a rifiutare sdegnato.

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