Troppo potente, troppo schierato, troppo fuori dai giochi. È molto più di un accidente, poco meno di una maledizione, la circostanza che ha reso la salita sul Colle mai compatibile con il cammino di Silvio Berlusconi. Così proprio l'architrave della scena politica degli ultimi vent'anni non solo non ha mai potuto aspirare alla carica, forse la più congeniale alla personale idea di cursus honorum , ma neppure è potuto mai essere « king maker » decisivo.
Causalità e non solo. Una serie nera cominciata fin dagli esordi, con l'infelice rapporto intessuto tra il Berlusconi trionfatore delle elezioni del '94 e il presidente eletto in fretta e furia dopo l'attentato di Capaci nel '92, Oscar Luigi Scalfaro. Relazione consumata tra sospetti e dispetti, fino alla madre di tutte le distorsioni con il mancato ritorno alle urne, pur garantito dal Quirinale, all'indomani della caduta del Berlusconi I. Da allora, le elezioni non sono mai capitate nel momento in cui Forza Italia esprimeva il massimo di numeri parlamentari. Era il '99: finita in malo modo la Bicamerale e a un passo la caduta dell'Ulivo, Berlusconi dovette acconciarsi per la salita di Ciampi, già governatore Bankitalia e benemerito per aver tenuto saldo il governo mentre il Paese annaspava, tramortito da Tangentopoli.
Quando il centrodestra raggiungeva il massimo dei numeri, tra il 2001 e il 2005, non ci furono elezioni. Se non l'anno dopo, allorché la contestata vittoria prodiana con l'Unione per sole 24mila schede portò in pompa magna al Quirinale l'ex comunista Napolitano. Anche in quel caso Berlusconi, pur avendo sfiorato la vittoria, dovette subire l'iniziativa del centrosinistra, e l'elezione di Re Giorgio fu il primo e ultimo atto di quell'effimera stagione. Cosa che si è ripetuta l'anno scorso, quando il «caso Giannino» sfilò la vittoria dalle tasche del Cavaliere, costretto alla rielezione di Napolitano in una situazione priva di sbocchi. Cattiva sorte, certo.
Ma anche incapacità del centrodestra di fare contesto ed esprimere movimenti d'opinione coerenti: fattore non certo nuovo, considerando che la «maggioranza silenziosa» è fuori dai giochi quirinalizi dai tempi di Leone. L' establishment da allora si poggia sulle gambe di filiere catto-comuniste. Ricordando che anche Pertini venne scelto in odio a Craxi, è come se il compromesso storico non fosse ancora tramontato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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