Cronache

Il Comune vessa le imprese: tassa sul cartello degli orari

A San Donato Milanese multati i negozianti: anche il nome sulle vetrate è considerato pubblicità

Il Comune vessa le imprese: tassa sul cartello degli orari

Riceviamo e pubblichiamo.
In merito all'articolo si precisa che la signora Cinzia Vassalli, citata nell'articolo con nome e cognome, additata a funzionario responsabile delle vessazioni a danno dei commercianti, con invito ad andarla a cercare perché rendesse conto del suo operato, non ha alcuna responsabilità dell'accaduto. La stessa, infatti, era una semplice impiegata che eseguiva gli ordini e le direttive che gli venivano impartite dalle società per le quali lavorava come dipendente (la Acs prima e la Ica poi) e dal Comune di San Donato Milanese. Enti che, invece, con la loro indifferenza e con il loro silenzio, hanno scaricato la responsabilità dell'accaduto sulla stessa.
Avv. Stab. Domenico De Luca.

«Fanno di tutto per scoraggiare le imprese». È una frase che decine di commercianti continuano a ripetere dopo l'ennesima campagna di persecuzioni tributarie. Il caso è da poco scoppiato a San Donato Milanese, cittadina di 32mila abitanti nella provincia di Milano. Ma arrivano segnalazioni da tutta Italia sulla voracità dei Comuni. È vero che il governo ha ridotto i trasferimenti agli enti locali, però è altrettanto vero che i sindaci sono corsi ai ripari non tagliando la spesa ma obbligando imprese e cittadini a coprire i buchi.

La vicenda di San Donato Milanese è emblematica. Il Comune, governato da una giunta di centrosinistra, ha dato mandato all'agenzia di riscossione (Ica) di riverificare tutte le insegne e le pubblicità dei negozi, scatenando la rabbia dei commercianti. «Sono venuti di nascosto a fotografare le insegne e le vetrine - racconta un esercente -. In alcuni casi si sono presentati ufficialmente, con il metro alla mano, per misurare le insegne». Fin qui nulla di strano se si tratta di fare rispettare le norme. Ma dopo pochi mesi è arrivata una valanga di multe. In pratica, quasi nessun negozio sarebbe in regola. «Per 12 anni è stato tutto a norma - racconta Mina Gendy, titolare della pizzeria 4 Archi -. Poi, mi vedo recapitare dall'Ica una cartella di pagamento di 2.400 euro perché non avrei rispettato il limite di 5 metri quadrati per le insegne esterne». In base alla legge, fino a 5 metri quadrati complessivi non si pagano imposte. Che cosa s'è inventata l'agenzia di riscossione? Tre sanzioni: 1) La tabellina con gli orari della pizzeria contiene il nome «4 Archi», quindi è pubblicità: 800 euro di multa. 2) La lavagna con il menù contiene il nome «4 Archi», quindi è pubblicità: 800 euro di multa. 3) La vetrofania sulla porta contiene il nome «4 Archi», quindi è pubblicità: altri 800 euro. «Ho fatto ricorso - spiega Gendy -. Ho chiesto perché l'agenzia di riscossione per 12 anni ha considerato i documenti in regola e ora non più. La risposta? “È stato fortunato”. A quel punto, ho pagato la prima rata e ho cancellato tutte le scritte col nome della pizzeria. Così almeno ho chiuso la vicenda».

«Anche a noi hanno contestato tre infrazioni - racconta Massimo Ricciardi, titolare del negozio d'informatica Vobis - 800 euro di multa». Pure in questo caso la fantasia dell'agenzia di riscossione è romanzesca. Come per la pizzeria, una sanzione gli è stata inflitta per la tabella degli orari con il logo «Vobis». La seconda perché in vetrina c'era un cartone pubblicitario che, secondo i voraci esattori, era illuminato da un faretto e perciò è un'insegna luminosa. «Macché insegna luminosa, sono le luci della vetrina che illuminano tutti i prodotti, può vedere lei stesso - dice Ricciardi indicando la vetrina -. Sa cosa mi hanno risposto quando ho fatto ricorso? “Per noi è un'insegna luminosa. Se non vuole pagare spenga le luci”». Ma non è finita. Per il Comune, le insegne esterne di Vobis, anche se sono entro il limite di 5 metri quadrati, non sono esenti dall'imposta perché il nome non è quello dell'azienda ma del marchio in franchising: terza sanzione.

Siamo andati a verificare le leggi e le circolari ministeriali e, toh, abbiamo trovato un documento del ministero delle Finanze, inviato a tutti i Comuni italiani che ha come oggetto: «Chiarimenti in ordine alle disposizioni relative all'imposta comunale sulla pubblicità». Il sesto paragrafo a pagina 5 chiarisce, senza ombra di male interpretazioni, che le insegne in franchising sono esenti dal pagamento. Ma a San Donato Milanese, e in chissà quante altre città italiane, il Comune ha deciso di fregarsene delle disposizioni ministeriali.

Il paradosso però è stato raggiunto con un'infrazione contestata dall'Ica alla Bottega d'arte orafa: 160 euro per avere esposto quotidianamente in vetrina una lavagnetta con la frase del giorno. Insomma, un semplice aforisma. Che c'entri con la pubblicità non è dato sapere ma il titolare, Paolo Galazzi, ha pagato subito.

Potremo andare avanti ancora, la lista dei «vessati» è lunga. Ma c'è anche un retroscena. Molti si sono domandati perché per anni insegne e cartelli erano in regola e poi, d'improvviso, fuori norma. Tutti i negozianti presentavano i documenti all'agenzia di riscossione comunale Acs, dove c'era un funzionario, Cinzia Vassalli, che dava il benestare sulla loro regolarità. Ma circa un anno fa, Acs ha chiuso i battenti e il Comune ha affidato la riscossione all'Ica. Chi è ora il funzionario che si occupa di imposte sulla pubblicità? Ancora Cinzia Vassalli, naturalmente, come riporta anche il sito internet della società. Ma com'è possibile che quello che era regolare fino a un anno fa ora non lo è più? Mistero. Che abbiamo cercato di chiarire, ma non siamo riusciti a parlare con la diretta interessata. «Nessuno ci riesce, in molti la cerchiamo per chiederle spiegazioni», dice Ricciardi.

La Confcommercio si è subito mossa per trovare una soluzione e per cercare di frenare quest'assalto alla diligenza. «C'è stato un incontro il 7 ottobre con il Comune, l'Ica e il nostro legale - spiega Caterina Ippolito, presidente della locale Associazione Commercianti -. Abbiamo sollecitato una maggiore sensibilità, vista la congiuntura economica. Sono stati presentati i ricorsi il 15 ottobre, ma dopo una settimana sono stati tutti rigettati. Il 28 novembre si è riunita la commissione del Comune: ci aspettavamo un segnale positivo. Ma nessuna risposta finora. Non ci hanno neppure fornito il numero dei verbali che hanno fatto. Prima erano 180, poi 70. Ma il dato ufficiale non lo sappiamo ancora oggi».

C'è poco da meravigliarsi se il Comune tace, il malloppo l'ha già incassato.

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