Matteo Renzi, molto bravo nella gestione politica del potere, ove usa collaudate tecniche democristiane, adesso deve fare i conti con i suoi creditori, cioè la sinistra del Pd che lo ha aiutato a eleggere il presidente. Deve anche fare i conti con gli ideali di politica sociale di cui un leader che fa eleggere un presidente della Repubblica della sinistra cattolica dovrebbe farsi portatore. Ma il suo governo, poco prima dell'elezione presidenziale, ha varato un decreto legge che elimina le dieci maggiori banche popolari italiane, imponendone loro la trasformazione in società per azioni entro 18 mesi o lo scioglimento. Si abolisce così, con un tratto di penna, una istituzione che ha caratterizzato il pensiero liberale sociale e il pensiero cattolico sociale, dalla metà dell'Ottocento ad oggi.
Il premier, ora, dovrà soprattutto fare i conti con la realtà economica e le sue leggi di mercato, che non si prestano altrettanto facilmente a manipolazioni discrezionali come le primarie e le votazioni nei palazzi della politica. Per la crescita del Pil e la riduzione della disoccupazione ci vogliono la riforma del mercato del lavoro, un fisco mite, una vera spending review , la privatizzazione e la liquidazione delle aziende pubbliche locali, il riequilibrio del bilancio pubblico. Il tutto per ridurre il rapporto del debito sul Pil, che oramai ha superato il 130% ed è il più elevato di Europa, dopo quello della Grecia. Il tema più urgente è quello delle politiche del lavoro e delle riforme del mercato del lavoro. Il decreto attuativo del Jobs Act ha un grave problema applicativo: la questione dei licenziamenti disciplinari per i quali il senatore Sacconi, giustamente, vuole che il licenziamento con indennizzo sia sempre possibile e non ci siano clausole che consentono al lavoratore e al suo sindacato di appellarsi alla magistratura per la riassunzione. L'onorevole Damiano del Pd, presidente della commissione Lavoro della Camera, vuole la possibilità di riassunzione: che cosa proporrà Renzi?
C'è anche in preparazione un disegno di legge che ripropone la concertazione, stabilendo che i sindacati abilitati ai contratti di lavoro nazionale sono solo quelli con almeno il 5% degli iscritti complessivi, purché aderenti a una organizzazione che raggruppi almeno il 33% di tutti gli iscritti. Ciò implica che potranno fare i contratti nazionali solo Cgil, Cisl e Uil unite assieme. Inoltre si arriverebbe a stabilire che il contratto aziendale che deroga a quello nazionale sia valido per tutti, anche per chi non vi aderisce, solo se approvato a maggioranza dai sindacati nazionali. Infine, nelle imprese con contratto aziendale, i lavoratori voteranno per stabilire se vogliano essere rappresentati dai sindacati che hanno firmato il contratto o da quelli rappresentativi a livello nazionale.
Questa controriforma del mercato del lavoro restaura il modello corporativo e va contro le richieste di flessibilità per generare maggior produttività. Renzi la caldeggia per saldare il conto con la sinistra del Pd e Vendola, che sono in credito con lui? Questa settimana Tsipras arriverà a Roma per chiedere il taglio del debito greco.
Che cosa farà Renzi? Ascolterà anche in questo caso la sua sinistra, che vuole aiutare Tsipras a nostre spese? E ancora, Renzi abolirà le grandi banche popolari lasciandole preda dei fondi di investimento e promuoverà la fusione di una di esse con il Monte dei Paschi per favorire il Pd o ne salvaguarderà la funzione di banche del territorio autonome? È costituzionale la norma che impone ai soci delle banche popolari di non recedere da esse, se ciò comporta una riduzione del loro patrimonio sotto il livello di vigilanza bancaria, o si tratta di un esproprio senza indennizzo del diritto di proprietà? Per il rilancio degli investimenti, Renzi farà le deregolamentazioni necessarie? Matteo, stai sereno.
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