Quando la politica inquina il mercato

Se il governo non è trasparente

Quando la politica inquina il mercato

Le speculazioni finanziarie nate ai margini del decreto governativo sulle banche popolari sono allo stesso tempo fisiologiche - inevitabili, in certe circostanze, in una società aperta e in un'economia di mercato quando il mercato mette autonomamente mano ai propri meccanismi - e anomale, se a metterci mano è il potere politico.

Lo spiega il Giornale , il solo fra i quotidiani nazionali che ne abbia parlato, con un commento del suo direttore, Alessandro Sallusti, a corredo di un titolo che recita «Giallo sulle popolari - Decreto Renzi, qualcuno ci ha guadagnato 10 milioni». Nomi Sallusti non ne fa e per ora non ce ne sono.

Ma aggiunge che si sa che «un noto finanziere, solo casualmente molto amico e sponsor del premier, nei giorni scorsi ha candidamente ammesso - intervistato dal Sole- 24 Ore - che sì, di recente, aveva fatto man bassa di azioni di banche popolari.

Così come qualcuno aveva ironizzato sul fatto che il padre del braccio destro di Renzi, la ministra Boschi, fosse vicepresidente della Banca popolare dell'Etruria, peraltro commissariata da Banca d'Italia perché sull'orlo del fallimento».

«Come è stato possibile - si chiede il direttore del Giornale - una fuga di notizie su una materia altamente sensibile per i mercati ? Con chi hanno parlato il premier e i suoi collaboratori nei giorni in cui veniva presa la decisione ? Forse Renzi - commenta Sallusti - farebbe meglio a chiarire». Ma Renzi non chiarirà. Le speculazioni finanziarie sono fisiologiche e lecite in un'economia libera; diventano anomalie se è il potere politico a provocarle. Non voglio dire, e neppure pensare, si sia trattato di speculazioni, diciamo così, in qualche modo, guidate dalla politica in vista di interessi personali. Però il sospetto rimane. Se di mezzo c'è la politica, ogni illazione diventa legittima. In una società meno aperta della nostra, la notizia, probabilmente, non sarebbe neppure comparsa. Ma il fatto che fosse rimasta nel chiuso dei Palazzi, non esclude che le speculazioni ci sarebbero state. La differenza fra una società aperta e una chiusa, fra un'economia di mercato e una dirigista è che, nella prima, le speculazioni sono nell'ordine delle cose; in un'economia dirigista, sono inconfessabili anomalie.

Ora, qualcuno dirà il contrario, accusando l'economia di mercato di favorire le speculazioni , cioè di immoralità, conferendo loro un significato negativo. Ma è falso. Speculazione non è una brutta parola, sinonimo di disonestà, bensì è l'espressione che si usa per l'uomo d'affari che prende spunto da certe situazioni favorevoli per fare, del tutto lecitamente, i propri interessi. Chi, come denuncia il Giornale , ha guadagnato 10 milioni ha fatto i propri interessi in una circostanza favorevole creata politicamente dal governo . Intendiamoci. Non sto sostenendo che la politica o, meglio, la legge, dovrebbe lasciar fare sempre al mercato. La libertà economica - in una parola, la libertà di speculare - è, come ogni altra libertà, per dirla con Kant, «un fatto giuridico», un comportamento regolato dalla legge; lasciata senza regole, l'economia di mercato farebbe spontaneamente più danni di quanti già non faccia.

Ma quei danni sarebbero la conseguenza della libera competizione e chi vi partecipasse saprebbe sempre a cosa va incontro: a pagarne individualmente i costi.

Quando, invece, a produrre le anomalie è la politica, i danni li pagano tutti o, se vogliamo, il buon funzionamento del sistema economico.

piero.ostellino@il giornale.it

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