Dopo 23 anni l'ex gip Iannini «arresta» ancora De Benedetti

La moglie di Vespa che da giudice romano mandò in carcere l'Ingegnere nel 1993 replica ai suoi attacchi: «Pentita solo di averlo rilasciato in fretta»

De Benedetti ha un ricordo preciso di Mani Pulite: «Che fui arrestato su mandato di cattura firmato da Augusta Iannini, la moglie di Bruno Vespa - racconta in una lunga intervista al Foglio - Quella mattina dovevano essere arrestate tre persone: io, Gianni Letta e Adriano Galliani. Ma la dottoressa Iannini disse che non poteva firmare gli arresti di Letta e Galliani, perché li conosceva ed era influenzata dalle frequentazioni del marito. Il mio arresto invece lo firmò». Un ricordo preciso, ma forse modificato dalle opinioni personali. Così si direbbe leggendo la replica sempre sul Foglio (che la titola così: «Ho arrestato Carlo De Benedetti e mi pento solo di averlo scarcerato troppo in fretta») della diretta interessata, Augusta Iannini, che oltre ad essere moglie di Vespa è appunto un magistrato, già capo del legislativo al ministero della Giustizia, dal 2012 vicepresidente dell'Authority sulla privacy. La vicenda è quella della Olivetti, di cui l'Ingegnere era presidente. Durante Tangentopoli ammise di aver pagato tangenti per 10 miliardi di lire per corrompere chi, dal ministero delle Poste alle segreterie di Psi e Dc, aveva garantito alla Olivetti l'acquisto di telescriventi obsolete, come ammise lui stesso nell'interrogatorio di garanzia. Il 31 ottobre 1993 viene firmato il provvedimento di custodia cautelare emesso dal gip, Augusta Iannini, e l'Ingegnere finisce in galera, «detenuto per tredici ore in tutto nella sezione isolamento del carcere di Regina Coeli» scrive la Repubblica il giorno dopo.

Questi i fatti, ma nell'intervista al Foglio De Benedetti muove un'accusa precisa, e grave, alla Iannini (aver favorito, da gip, Letta e Galliani rispetto a lui). Nella risposta l'ex gip definisce «fuorviante» la ricostruzione del presidente del Gruppo Espresso: «I procedimenti a carico di Carlo De Benedetti, di Gianni Letta e di Adriano Galliani, erano distinti e trattavano fatti del tutto diversi (...). Pervennero nella stessa data al mio ufficio con richieste di misura cautelare in carcere, modalità sulla quale, all'epoca, il gip non aveva il potere di adottare misure meno afflittive. Ogni passaggio della mia istanza di astensione nel procedimento a carico di Gianni Letta fu condiviso e deciso come imposto dalla legge - dalla presidenza del Tribunale e non da me. Affermare come fa De Benedetti che quella mattina dovevano essere arrestati con me anche Gianni Letta e Adriano Galliani... corrispondeva forse ad un suo auspicio, ma non aveva alcun fondamento sostanziale e processuale».

Semmai la Iannini si pente di altro: «Il provvedimento di scarcerazione fu firmato nel mio ufficio a tarda sera perché la Procura della Repubblica aveva espresso il suo parere obbligatorio e favorevole alla revoca soltanto poco prima. Ritenni dunque doveroso assumere una decisione rapida e, nel merito, liberatoria: unica circostanza sulla quale ho poi, nel corso del tempo, maturato una diversa convinzione». Per De Benedetti l'accusa di corruzione è stata prescritta «dopo lunghissimi anni», mentre Letta e Galliani sono stati prosciolti in udienza preliminare perché il fatto non sussiste, «e già questo mi appare risolutivo di tutta la questione» chiosa la Iannini.

Che ha già fatto causa a Repubblica per aver pubblicato la stessa ricostruzione «fuorviante», ottenendo ragione dal Tribunale civile, che ha condannato il quotidiano di De Benedetti a risarcirla per 100 milioni di lire. «Ma forse de Benedetti questo non lo sa».

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