In Italia pochi se lo ricorderanno, ma nel 2006 centinaia di persone nel New Mexico scesero in piazza brandendo cartelloni con su scritto: «Le dimensioni non contano». Non erano femministe, ma centinaia di persone arrabbiate per il declassamento di Plutone da pianeta a pianeta nano, fu uno scandalo. In realtà in astronomia (come nel sesso, altrimenti Rocco Siffredi sarebbe stato disoccupato) le dimensioni contano, eccome: dopo la scoperta di Eris e di molti altri pianeti nani, se non avessero declassato Plutone ci saremmo trovati con qualche decina di pianeti in più nel nostro sistema solare, troppi.
«Che fai tu luna in ciel? Dimmi, che fai, silenziosa luna?» si chiedeva il pastore errante dell'Asia di Giacomo Leopardi. Ci fa che 4 miliardi di anni fa un pianeta delle dimensioni di Marte colpì la neonata Terra, una collisione micidiale, e i detriti di un tale impatto andarono a formare il nostro satellite, senza il quale la vita sarebbe stata molto difficile. D'altra parte ogni catastrofe innesca effetti imprevedibili, basti pensare che senza il famoso asteroide di 65 milioni di anni fa ci sarebbero ancora i dinosauri e non ci sarebbe stato l'uomo. Insomma, non tutti i mali vengono per nuocere, o forse sì, a seconda dei punti di vista, perché in 200mila anni come specie abbiano già rotto le palle a tutte le altre.
In ogni caso negli ultimi 30 anni l'astronomia ha fatto passi da gigante interstellari. Per gli antichi il cielo era un luogo mitologico, dove vivevano gli dei, per i cristiani il Regno dei Cieli, e in parte ancora oggi il senso comune si rifiuta di prendere consapevolezza del cosmo, affascinante e terrificante, altrimenti non avrebbero senso gli oroscopi e l'astrologia, è come continuare a credere nella Terra piatta. L'astrofisico Ray Jayawardhana, autore del libro Strani mondi (edito da Codice) è convinto che le nuove scoperte dovrebbero comportare profondi sconvolgimenti in campo letterario, filosofico e religioso, figuriamoci. Il campo umanistico ancora deve digerire Darwin, Einstein e la meccanica quantistica, i letterati prendono ancora per buone le cantonate cosmiche di Aristotele e Platone, i quali a loro discolpa non avevano i mezzi per non considerare il nostro pianeta unico e al centro dell'universo, altrimenti l'avrebbero pensata diversamente. Kant, citato sempre per la legge morale in contrapposizione al cielo stellato, era un fico, invece: scoprì il numero di stelle della nostra galassia (allora considerata l'unica) e nel 1755 spiegò la formazione dei pianeti dalla nebulosa dei detriti del giovane Sole.
Oggi, grazie ai telescopi spaziali Hubble e Kepler, e sofisticate tecniche di analisi dello spettro luminoso come il Doppler o l'interferenza della gravità sulla luce (scoperta da Einstein), riusciamo a individuare migliaia di pianeti orbitanti intorno a altre stelle, tutti rigorosamente catalogati. Il 1996 fu un anno pioneristico, furono scoperti: 51 Pegaso b, 70 Virginis b, 47 Ursae Majoris b, 55 Cancri b, Bootis b, Andromedae b, Cygni b. Al momento questi mondi non sono granché, come habitat, gioviani caldi dove la temperatura raggiunge i mille gradi o pianeti ghiacciati, inadatti alla vita, ma si cominciano a vedere diverse simil-terre. Tenuto conto che stiamo cercando solo in uno spicchietto infinitesimale della Via Lattea, che contiene cento miliardi di stelle ed è solo una delle cento miliardi di galassie dell'universo visibile. Statisticamente la vita altrove c'è, più del 50% dei sistemi stellari contengono pianeti, ma le distanze sono enormi, e lo sarebbero perfino viaggiando alla velocità della luce (cosa impossibile, neppure il neutrino del Cern c'è riuscito).
Non per altro il centro SETI (acronimo di Search of Extra-Terrestrial Intelligence ) scansiona lo spazio da mezzo secolo, e trova quello che ha trovato Leopardi guardando una siepe, «che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude», immaginando «interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi». Silenzi per la precisione non tanto, si può ascoltare il rumore di fondo del Big Bang (perfino con la vostra tv, provate a metterlo sul formicolare di un canale senza trasmissioni), o il segnale intermittente di una Pulsar.
«Gli osservatori sono come monumenti alla curiosità del genere umano sull'universo. Al loro confronto sembra tutto insignificante» ha detto l'astrofisica Debra Fischer.
Speriamo solo che, da qualche punto dell'universo, una civiltà aliena non cerchi tracce di vita puntando i telescopi sulla Terra, o peggio sull'Italia: magari anziché vedere una conferenza di Einstein sulla relatività beccano uno dei nostri talk show, e più che la vita intelligente scoprono l'esistenza della vita deficiente nello spazio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.