A 8 anni già spacciatore. "Addestrato dal padre"

Tagliava la droga, trattava con i compratori e nascondeva le prove. Il pm: "Inquietante"

A 8 anni già spacciatore. "Addestrato dal padre"

Già a otto anni ha visto (e fatto) cose stupefacenti, come tagliare la droga, fissare un appuntamento per trattarne una partita e incontrare i compratori, persino aiutare il padre a nascondere le prove del traffico di stupefacenti smantellato ieri a Rosarno (Reggio Calabria). Di questo sono convinti i magistrati che ieri hanno arrestato suo padre Agostino Cambareri, portato via in manette davanti a lui. Sembra Gomorra ma è dalla Calabria arriva l'ennesima storiaccia che mescola cocaina, degrado e 'ndrangheta. «Inquietante», per dirla con le parole del procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, che con l'operazione Cattiva Strada coordinata dal procuratore aggiunto Calogero Gaetano Paci e dal sostituto procuratore Adriana Sciglio - 13 trafficanti di droga coinvolti, otto finiti in carcere e cinque ai domiciliari - ha scoperchiato il verminaio scoperto nell'estate del 2016.

Cambareri, 46enne nato a Rho, aveva messo in piedi un florido business che dalla Piana di Gioia Tauro arrivava al Crotonese e nel Lametino. Col figlio parlava spesso di droga ( «Se Dio vuole abbiamo indovinato tutto: odore, colore, forte! »), di come si prepara senza rovinarne la qualità (« Quelli, gli additivi, non mi servono più a niente!... Ora vediamo se Dio vuole, se non combino un'altra cacata »), di come si risolvono i contrasti con i narcotrafficanti colombiani («Avevano i kalashnikov, tutto... Se quelli venivano qua succedeva una guerra») perché ormai ne era l'erede designato: «Gli piace a lui», «mi farà le scarpe», dice orgoglioso il padre in una conversazione pizzicata dai pm. Tanto che, stando alle intercettazioni, appena prima che gli inquirenti piombassero a casa sua aveva tentato di bruciare probabilmente della droga assieme al figlio dopo aver scoperto una microspia in macchina: «A casa non sono venuti - dice al figlio - la campagna la puliamo tutta e quella (la droga?, ndr) la lasciamo là. O no?».

Il calibro «criminale» del figlio secondo gli inquirenti emergerebbe anche dal fatto che, per timore di essere intercettato, il ragazzino avrebbe utilizzato una app sullo smartphone per controllare le targhe dei mezzi e così sgamare le auto civetta utilizzate dalle forze dell'ordine. Non solo: il ragazzino sapeva anche come rintracciare una microspia in auto e come capire se la vettura era stata «attenzionata» facendo attenzione per esempio al malfunzionamento del clacson. E quando i due trovano effettivamente la cimice la ripuliscono. Prima individuandola, poi appartandosi lontano dall'auto per concordare il piano e infine viaggiando con il volume dell'autoradio al massimo.

Il destino del bambino sembra

segnato: verrà quasi sicuramente allontanato dalla sua famiglia dal tribunale dei minori di Reggio Calabria che da tempo aveva segnalato il minore per il programma Liberi di scegliere. Basterà a strapparlo da una vita criminale?

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