Franco Scala ha compiuto ieri 80 anni. Genio della didattica, nato a Imola, studi a Roma con Carlo Zecchi, fondatore nella sua città di una scuola dove i giovani pianisti potessero tutti decidere con quale maestro formarsi. Un'idea visionaria, da lui messa in pratica con l'Accademia Pianistica Internazionale «Incontri col Maestro», prima nel salotto di casa sua e poi nella Rocca Sforzesca dove ha ancora sede, selezionando per talento gli studenti e gli insegnanti. Fra i più grandi, senza dimenticare i giganti di oggi, Lazar Berman, scomparso nel 2005. Così, in trent'anni, gli allievi dell'accademia hanno vinto quasi settanta medaglie d'oro nei concorsi internazionali più importanti. Dieci anni fa vi si recò perfino il selezionatore del Chelsea, la squadra di calcio, a studiarne il modo di scelta dei talenti. E nel 2014 è arrivato il Premio del Presidente della Repubblica. Una scuola che è un gioiello; e posso dirlo a cuore aperto, perché insegno lì da pochi anni, non sono un gigante e dunque la sua grandezza non è merito mio.
Franco Scala è per me un mai-dire-mai. Avevo studiato benissimo negli anni 80 con Lucia Passaglia, al Conservatorio di Firenze.
L'Accademia di Imola era già famosa, ma io avevo trovato la mia strada altrove e non ci pensai più. Fino a quando però, due decenni dopo, già fortunato titolare di cattedra in conservatorio da diciannove anni, incontrai Scala per la prima volta in una trattoria imolese.
Mi colpì il suo pensiero limpido e devoto in ogni istante ai suoi studenti e ai suoi insegnanti, impressionante d'arte e umanità.
Il confronto col maestro Scala su ogni argomento, anche non musicale, s'impose da allora, senza che me ne rendessi
conto e probabilmente senza che se ne rendesse conto pure lui, a presupposto di ogni nuova avventura dei miei giorni. Ciò che fa, appunto, di un grand'uomo, un grandissimo maestro. Auguri, Franco. Affettuosi, grati, infiniti.
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