A 9 mesi è appeso a un filo aspettando un cuore nuovo

Il bimbo ha una cardiomiopatia e serve un trapianto Come lui, altri 7 in attesa, ma i donatori sono pochi

A 9 mesi è appeso a un filo aspettando un cuore nuovo

La sua vita è una corsa contro il tempo. Ha soli nove mesi e lotta come un leone per sopravvivere. Intubato, sedato e con un cuoricino che va cambiato: subito, anche prima di subito. Lui è Alberto, figlio di Elena, una donna forte che racconta la storia tormentata del suo bambino senza piangere. Ha abbandonato il suo lavoro, il suo mondo per seguire il bimbo. Prima all'ospedale Meyer di Firenze, poi al Bambino Gesù di Roma. E ora aspetta che accada il miracolo, che il telefono squilli e che da qualche parte, in Italia o Francia o Spagna, dicano «abbiamo il cuore per Alberto».

Intanto lui è lì, in terapia intensiva, che aspetta. È affetto da una cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva, brutto affare per gli specialisti perché non possono assisterlo con le macchine che permettono al sangue di circolare. E il tempo lotta contro di lui. Per questo è finito nella lista delle urgenze. Che non sembra così lunga, in definitiva. In tutta Italia sono otto i bambini in attesa di un nuovo cuore ma se facciamo una scrematura, ne rimangono solo due con le caratteristiche di Alberto. Dunque, può farcela. Se solo arrivasse quella telefonata.

Elena solo ora si rende conto di cosa significhi donare. «La gente non pensa a donare gli organi né a iscriversi nelle liste nazionali. E io facevo parte di quella categoria di persone disinteressate al problema. Poi è nato Alberto con la sua patologia e tutto è cambiato: gli occhi ti si aprono quando vivi un dramma come questo».

Elena vorrebbe lanciare un appello per caldeggiare le donazioni di adulti e anche di quei piccini che diventano angeli troppo presto. «I genitori avrebbero almeno la consolazione di aver salvato la vita ad altri bambini grazie al loro atto di generosità».

Molti però ancora hanno delle remore in fatto di prelievo di organi. «C'è un rifiuto fisiologico che riguarda il 20-25% di chi potrebbe fare la donazione, ma è una percentuale che si riduce sempre di più», spiega Francesco Parisi, responsabile del dipartimento di Unità trapiantologia toracica del Bambino Gesù. E Nanni Costa, direttore generale del Centro nazionale trapianti, precisa che comunque l'attesa di un organo per un bambino non si discosta molto da quello di un adulto: rispettivamente 39 e 37 mesi. Poi snocciola le cifre. Confortanti. «A gennaio i minori iscritti alla lista erano 73, poi 41 sono entrati in lista di trapianto, 24 sono stati trapiantati, 7 non ce l'hanno fatta e gli altri sono usciti dalla lista per vari motivi».

Dunque, il meccanismo è efficiente. Il problema è che le donazioni per i bambini sono molto complesse. «Le cause di morte, per le donazioni degli adulti, sono i traumi stradali e le emorragie cerebrali spiega Parisi -. Il trauma cranico puro per un bambino è molto raro perché il decesso spesso coinvolge molti organi. Ecco perché è difficile avere un donatore piccolo». E Nanni Costa aggiunge: «Quando si deve trapiantare un cuore non c'è altra soluzione se non l'arrivo di un donatore con un organo dimensionalmente simile».

Ma i miracoli in questi ospedali pediatrici d'eccellenza avvengono ogni giorno. «Oggi esce dall'ospedale una bambina di 11 chili di Napoli che ha ricevuto un trapianto di cuore e polmoni racconta Parisi .

E un altro piccino di sei chili, che è stato attaccato ad un cuore artificiale per dieci mesi, è stato trapiantato 20 giorni fa e sarà dimesso tra non molto. Se arriva un nuovo cuore nel giro di qualche giorno anche Alberto ce la può fare». Bisogna solo aspettare che quel telefono squilli.

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