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Accuse false e sentenza decisa a tavolino 9 anni di galera all'attivista anti Pechino

Tong Ying-kit è il primo condannato secondo la nuova legge, ma a rischiare sono almeno una sessantina. Anche per una canzone

L'avvocato Li Yueyi l'aveva detto martedì scorso, sapendo purtroppo di non sbagliare: «Il destino del mio assistito è stato già deciso a tavolino. Hanno cercato un capro espiatorio e l'hanno trovato». Puntualmente ieri è arrivata la sentenza: Tong Ying-kit, l'attivista pro democrazia di Hong Kong, è stato condannato a 9 anni di carcere per i reati di incitamento alla secessione e terrorismo. A nulla è valso il ricorso presentato dal suo legale, comunque scettico che qualcosa potesse cambiare. Il 1° luglio del 2020 il giovane aveva guidato una moto lungo alcune strade nel quartiere Wanchai, sventolando una bandiera con la scritta: «Liberare Hong Kong, la rivoluzione del nostro tempo». Secondo gli inquirenti, Tong avrebbe concluso la sua corsa investendo tre poliziotti. Ad inchiodarlo un filmato nel quale si vede soltanto l'uomo correre in moto con la bandiera, ma gli agenti hanno evidenziato nel rapporto di essere stati travolti. Il 24enne, cameriere di professione, è il primo condannato a Hong Kong in base alla nuova legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino nel 2020. Una riforma che non solo considera gli atteggiamenti anti-Pechino una minaccia alla sicurezza nazionale, ma che costringe gli imputati, bollati arbitrariamente come «criminali», ad essere giudicati da un tribunale di tre magistrati, senza la presenza di alcuna giuria.

La vicenda di Tong, che fa il paio con quella di Tam Tak-chi, il noto conduttore radiofonico su cui pende una condanna per comizi non autorizzati, non si possono considerare casi isolati. Sono almeno una sessantina infatti le persone già accusate ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale. Alla maggior parte di loro non è stata concessa la cauzione e tutti sono in attesa di un processo. Sulla questione è intervenuta ieri anche Bruxelles, che attraverso un tweet di Nabila Massrali, direttore della comunicazione dell'Ue, ha stigmatizzato come le nuove norme di sicurezza a Hong Kong vengano «utilizzate per soffocare il pluralismo politico e l'esercizio dei diritti umani e delle libertà politiche. Si ponga fine agli arresti degli attivisti pro-democrazia e alla presa di mira di coloro che difendono i diritti, le libertà e i valori democratici».

Nelle ultime settimane nell'ex colonia britannica si respira un'aria pesante. Gli uomini della famigerata squadra per la sicurezza nazionale hanno occhi e sguardi puntati ovunque, e si atteggiano come certi agenti della Stasi dell'ex Ddr. Ieri è stato tratto in arresto un 40enne di nome Cei Leung, colpevole di aver fischiato l'inno nazionale cinese durante la premiazione di Edgar Cheung, oro nel fioretto individuale alle olimpiadi di Tokyo. É stato individuato in un video girato dagli stessi uomini della squadra di sicurezza in borghese durante la visione collettiva dell'evento al centro commerciale APM, nel quartiere Kwun Tong. La polizia ha dichiarato di aver avviato un'indagine su altri fan «immortalati» nelle immagini. Si erano riuniti al centro commerciale lunedì sera per guardare la finale di fioretto, dando sfogo all'entusiasmo per la vittoria di Cheung. Durante la premiazione però il clima è cambiato: i sostenitori hanno cantato «We are Hong Kong», inno adottato dai tifosi del Kitchee Sc, la locale e blasonata squadra di calcio.

Una canzone nata per rivendicare l'identità della città e della sua cultura, ma una controversa legge approvata dal parlamento locale punisce il mancato rispetto verso inno e bandiera cinesi.

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