È morto perché ha ceduto un «suo» tassello, facendogli crollare sulla testa una pesante mensola. Artur Fischer, l'inventore dell'onnipresente «tassello Fischer» (un piccolo cilindro cavo di plastica che una volta inserito nel muro e con una la vite, si fissa alla parete), se n'è andato all'altro mondo, alla bella età di 96 anni, perché a cedere è stato il cuore. Un organo ballerino che solo uno dei suoi dei celebri «Fischer» avrebbe potuto rendere più stabile. Peccato che nessuno (neppure lo stesso Artur) si sia mai spinto a ipotizzare un tassello nel cuore a scopo terapeutico, benché «La spada nel cuore» di Little Tony abbia comunque rappresentato in passato, almeno a scopo musicale, un utilizzo non meno cruento.
Ma ormai il vecchio Fischer se n'è andato. E oggi tutti gli stabilimenti Ikea del mondo e i bricoleur del pianeta dovrebbero dedicargli una prece; non sarebbe male perfino un minuto di silenzio in tutti i cantieri del globo, dove i tasselli Fischer vanno via come i panettoni a Natale. Ma il busto di Artur (con tanto di lumino votivo) dovrebbero esibirlo nei rispettivi studi anche architetti, ingegneri e designer di ogni razza e religione. Se i loro progetti vengono realizzati e le loro parcelle pagate, il merito è anche di questi tassellini che ormai stanno all'edilizia (dalle costruzioni ciclopiche fino al scansia fai-da-te) come i condom stanno alla prostituzione. Oggi nel mondo si producono circa 14 milioni di pezzi al giorno (di tasselli intendiamo, mica di condom...).
Ma sarebbe limitativo ridurre la figura di Fischer a quella del «signore del tassello». Artur è stato infatti molto, ma molto, di più: a suo nome l'ufficio brevetti ha registrato un migliaio di invenzioni. Roba che, a confronto, Thomas Alva Edison era uno senza idee, con la lampadina sulla testa perennemente spenta. Fischer l'ultimo sguardo al suo tassello lo ha dato nella sua città natale, Waldachtal-Tumlingen, nel nord della Foresta Nera. Al capezzale, oltre ai suoi familiari, c'erano pure le sue «creature» più amate. Del famigerato tassello abbiamo già detto, ma per l'estremo saluto, non sono mancate le condoglianze di altre genialate frutto dell'ingegno fischeriano: dalla prima macchina fotografica con flash sincronizzato (brevetto poi acquistato dalla Agfa) al bicchiere a scomparsa con il coperchio (un oggetto che ha accompagnato le scampagnate della famiglia-tipo italiana dal boom economico in poi). Fischer è un vero self made man. Partito con una piccola officina è arrivato a creare il Gruppo Fischer, leader mondiale nel settore dei sistemi di fissaggio, forte di oltre 3000 brevetti, un fatturato 2014 di 661 milioni di euro e 4160 dipendenti nel mondo.
«Sono interessato a qualsiasi problema a cui posso fornire una soluzione», dichiarò Fischer alla rivista tedesca Technology Review; «Quello che Bill Gates è stato per i personal computer, Artur Fischer lo è stato per il fai-da-te», ha scritto Der Spiegel.
Da giovane Artur, per non farsi mancare nulla, si unì alla Gioventù hitleriana diventando meccanico per la Luftwaffe: «Avevo fatto un modello di aereo da dare a mia madre come regalo di Natale confessò una volta -. Poi il mio comandante disse che ero il miglior meccanico e che avrei dovuto dare quell'aereo a Hitler. È stato un momento terribile». Durante la guerra fu catturato in Italia e poi mondato in un campo di prigionia in Inghilterra. La sua ultima invenzione è stata un «apri uova sode». Nacque perché un suo amico albergatore si era lamentato del disastro che lasciavano i suoi ospiti a colazione dopo aver aperto le uova bollite.
Artur negli ultimi tempi pare stesse studiando anche un rimedio contro il «disastro» provocato dallo
sbattimento delle uova fresche per la maionese. La morte è arrivata prima che Fischer trovasse la soluzione. Pace all'anima sua. E maxi padellata di uova fritte per tutti gli intervenuti al funerale. Occhio agli schizzi d'olio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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