Alessandro Di Battista litiga con Roberto Fico, Luigi Di Maio tratta la sua poltrona, Beppe Grillo esulta per i passi avanti nell'accordo con il Pd. La giornata di combattimenti sul ring a Cinque Stelle è stata inaugurata da un post su Facebook di Di Battista, all'ora di pranzo, quando la trattativa sembrava di nuovo improvvisamente in salita. «No ai Benetton, no a Malagò, no ai conflitti di interesse», ha esordito l'ex deputato che aspettava un ritorno alle urne per rilanciarsi. Ha poi proseguito: «Insisto. Un grande potere contrattuale deve imporre grande coraggio sui temi. Io, da cittadino e da persona che negli anni ha dato anima e corpo al Movimento pretendo». Quindi il libro dei sogni di Dibba: «revoca delle concessioni autostradali ai Benetton», «riforma dello sport per togliere potere clientelare dalle mani di Malagò», «legge durissima sui conflitti di interessi». Di Battista ha concluso attaccando il Pd in piena trattativa in corso: «Io non ho sentito nessuno del Pd pronunciarsi su questo in questi giorni».
Quando ormai pareva tornato il sereno tra grillini e dem, a taccuini chiusi si cominciavano a registrare i primi fastidi da parte degli uomini vicini a Fico: «Non si può sabotare la legislatura per le dichiarazioni di un ex deputato che non si è mai preso le sue responsabilità», dice uno di loro. Luigi Gallo, presidente della Commissione Cultura a Montecitorio, legatissimo al presidente della Camera, il disappunto lo ha messo nero su bianco in un tweet. «Chi esplicitamente sta perseguendo la strada del voto o del ritorno con la Lega contro la volontà del gruppo parlamentare - ha scritto Gallo - e di Beppe Grillo non può dettare condizioni a nessuno. Un'altra occasione persa per stare in silenzio».
Nel bailamme grillino è finito sotto accusa anche il capo politico Di Maio. La maggior parte di deputati e senatori chiede a Di Maio «discontinuità» anche dentro al M5s, proponendo un rinnovamento della classe dirigente. Nel pomeriggio le trattative si sono bloccate intorno al nodo del vicepremier. Con il leader del M5s che pretende di ricoprire il ruolo di numero due di Conte, oltre a volere un ministero, non quello dell'Interno come da smentita del Movimento e della presidenza del Consiglio, ma la Difesa. Quindi il capo politico, per non far saltare l'accordo, si ritroverebbe ancora in sella, seppure ridimensionato. La base M5s voterà il suo sì o no all'esecutivo la prossima settimana sulla piattaforma Rousseau. E intanto è in corso la bagarre interna sugli altri nomi stellati che saranno chiamati a far parte del nuovo esecutivo. I gruppi parlamentari, fino ad ora, si sono limitati a chiedere discontinuità in modo informale, ma non viene escluso che possano formulare il loro indirizzo al capo politico attraverso vie più ufficiali come un documento. Tra le voci critiche nei confronti di Di Maio c'è Roberta Lombardi, capogruppo in Regione Lazio, che ha commentato: «Sono sicura che il nostro capo politico non antepone se stesso al paese. Non sarebbe da 5 Stelle». Il consigliere regionale del Lazio Davide Barillari, invece, è arrivato a ipotizzare una scissione in caso di alleanza con i dem.
Soddisfatto Grillo che in un criptico messaggio sul suo Blog si è rivolto a se stesso, annunciando un nuovo ritiro dalle scene politiche una volta compiuta la missione giallorossa. Apertura al Pd dal ministro Danilo Toninelli che ha detto: «Accordarsi con il Pd non è semplice ma siamo di fronte a un bivio». Giallo sulla votazione su Rousseau: «ancora non lo sappiamo», tagliano corto i grillini.
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