Cronache

Addio ultima isola di (finta) serenità

Il treno aveva resistito a molte cose, praticamente a tutto

Addio ultima isola di (finta) serenità

Forse questa storia dei treni era inevitabile, o forse no, ma incredibilmente non è questo il punto adesso. Il punto è che i terroristi hanno cambiato il nostro modo di vivere. Abbiamo smesso di farci caso per abitudine, riprenderemo a farlo ora che dovremo dare il nostro nome ogni volta che compriamo un biglietto ferroviario, che dovremo aprire i nostri bagagli o farli passare sotto un metal detector prima di salire a bordo di un treno. Lo facciamo già in aereo, non si tratta di fare qualcosa di inedito o di non conosciuto a chi si sposta. Ma è ugualmente importante, forse di più. Perché il treno aveva resistito a molte cose, praticamente a tutto. In Italia aveva resistito alla strage della stazione di Bologna, alla più grave delle tragedie della nostra storia: neanche dopo gli 85 morti del 2 agosto 1980 nessuno aveva mai pensato di blindare l'unico luogo che era rimasto immune dai controlli. Aveva resistito all'11 settembre 2001, quando gli aeroporti sono diventati ancor più di prima territorio da presidiare e ispezionare ossessivamente, perché da un aeroporto Mohammed Atta e i suoi fratelli di terrore avevano cominciato a eseguire l'ordine di Osama Bin Laden. Anche allora, quattordici anni fa, dopo il primissimo periodo di paura in cui anche i treni erano diventati luoghi da bonificare, l'attenzione verso i controlli sui convogli era poi scemata. Fino a oggi abbiamo viaggiato sostanzialmente come se il problema terrorismo sui treni non ci fosse. Una specie di zona franca - quantomeno immaginaria - in cui i passeggeri non si guardavano con sospetto. Su un treno si poteva tranquillamente (è vietato, ma era tecnicamente possibile farlo senza essere visti) depositare un bagaglio in uno scompartimento e recapitarlo a un amico o a un parente nella città d'arrivo del treno. Una specie di servizio postale fai da te. Pensandoci bene, e neanche poi tanto approfonditamente, era una follia. Al posto delle burrate o delle mozzarelle di bufala uno in quelle valigie poteva infilarci Dio solo sa che cosa.

Il fatto che non fosse mai accaduto non significa che non potesse accadere. Abbiamo sbagliato prima, allora. Ci siamo illusi, godendo tutti quanti di una libertà e di una serenità che non fanno più parte di questa stagione. Il treno ha retto a tutto e il nostro desiderio di normalità con lui, ma non a una strage sfiorata su un Amsterdam-Parigi. Un kalashnikov portato a bordo senza difficoltà ha mostrato i limiti della nostra illusione. Non ci sono luoghi sicuri con il terrore, islamico o no. Adesso tocca prendere i nostri bagagli e infilarci le nostre paure, sapendo che non sono più così lontane. Sono qui, c'erano anche prima, ma facevamo finta di niente. Quel bagaglio sarà controllato da qualcuno, ora. Aperto. Chi lo farà ci troverà qualcosa che conosce molto bene: lo stesso terrore di chi quella valigia l'ha preparata sapendo che sarà aperta, sezionata, visionata. Per la nostra sicurezza, certo.

Ma anche per la fine definitiva della nostra libertà.

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