Sant'Antonio Abate suscita, nell'immaginario collettivo, l'immagine degli animali, quelli che vivevano nelle fattorie dei vecchi contadini e che oggi cominciano a diventare retaggio di ricordi da parte di chi ha avuto la fortuna di vederli crescere lontani dalle aberrazioni di un allevamento intensivo che ha snaturato completamente quel rapporto, certamente di utilità ma talvolta anche di affetto, che si instaurava tra la mucca e chi la mungeva, tra la gallina e chi le dava il becchime, tra il maiale e le donne che lo trattavano come un principe.
Un principe destinato a perire certo, ma trattato in vita con ogni cautela e il rispetto dovuto a chi non poteva morire senza proiettare intere famiglie in una vera e propria tragedia che si chiamava fame. D'altronde chi pensa che il Santo sia un protettore degli animali (intesi in senso animalista) si confonde con San Francesco forse, perché Sant'Antonio protegge gli animali delle corti, i contadini, i macellai, i sellai, gli allevatori, insomma tutto quel variegato e purtroppo ormai perduto mondo di figure, nate dalla terra e con essa fuse, che esce dalle immagini di Novecento, dell'Albero degli zoccoli e finisce purtroppo con i titoli di coda.
É proprio di ieri, giornata consacrata a Sant'Antonio Abate, l'allarme della Coldiretti che ha partecipato con i suoi associati, accompagnati tradizionalmente dai loro animali, alla messa in San Pietro, celebrata dal Cardinale Angelo Comastri. I dati della Coldiretti, sul patrimonio delle nostre vecchie fattorie, suona come una sorta di olocausto animale. Dal 2008, stalle, ovili, pollai sono divenuti deserti perdendo rapidamente, in pochi anni, un milione di pecore, capre e agnelli, 800mila maiali e 250mila tra bovini di vario tipo, ivi comprese le bufale. Sembra di leggere i dati del Libro Rosso in cui il Wwf mostra le statistiche relative agli animali selvatici estinti o in procinto di esserlo nel caso non si adottino strategie severe di conservazione. Impressionanti i numeri, ma altrettanto sbalorditivo il grido di dolore dell'associazione per quanto riguarda la biodiversità animale: 130 razze di razze animali, avviate all'estinzione, di cui 38 di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali. 10 di avicoli e 7 di asini. Se non è un olocausto, perché il termine è usato per ben altra tragedia, è un grande dramma che si svolge sotto gli occhi indifferenti di ragazzi che credono fermamente alle uova fabbricate da apposite macchinette e ai polli che nascono senza testa e avvolti nella plastica sui banchi del supermercato.
Nel silenzio che accompagna queste tragedie, scompaiono l'asino Romagnolo, noto per il suo temperamento vivace (e per il latte a uso pediatrico), la capra Girgentana dalle corna lunghe a forma di cavaturacciolo, la gallina Polverara dipinta con il caratteristico ciuffo fin dal 1400 in quadri e opere conservati anche nei Musei vaticani, la Mora di Romagna, razza di maiale dal mantello nerastro, la vacca Garfagnina dal manto brinato e pelle colore ardesia. E non perdiamo solo carne o latte, ma animali che tenevano pulito dalle infestanti il terreno e lo compattavano preparandolo al lavoro del contadino.
La perdita economica è ovvia, visto che importiamo più carni e latte dall'estero, ma quello che colpisce e deve far riflettere chi non ha una pietra al posto del cuore è la perdita di un mondo semplice, pulito che ruotava nel vento, nella pioggia, nella neve e nel vino imbottigliato solo quando la luna era amica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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