San Paolo «Non è possibile scartare nessuna opzione, neanche l'intervento militare, per rovesciare la dittatura di Nicolás Maduro». Parole nette quelle pronunciate l'altro ieri dal segretario generale dell'Organizzazione degli stati americani (Oea), l'uruguaiano Luis Almagro in visita per la prima volta a Cùcuta, la Lampedusa colombiana separata dall'inferno chavista solo da un ponte dedicato al padre della «Patria Grande» sudamericana, Simón Bolívar. Ma soprattutto attraversato a piedi ogni giorno in media da 5mila disperati in fuga dalla fame imposta loro dalle folli politiche del delfino di Chávez. «Ciò che sta perpetrando in materia di violazione dei diritti umani, di sofferenza, di esodo forzato e di crimini di lesa umanità contro la sua stessa popolazione il regime di Maduro - ha continuato Almagro dopo avere stretto le mani di decine di donne e bambini ospitati nelle tendopoli gestite dalla Chiesa cattolica locale - fa sì che oltre alle azioni diplomatiche non si possa scartare nessun provvedimento». Neanche l'intervento militare per l'appunto.
Solo Donald Trump aveva osato tanto, un anno fa, venendo subissato da una marea di critiche quando, in realtà, anche The Donald si era solo limitato a registrare l'ovvio, ovvero quanto ribadito anche da Almagro che «la mancanza di cibo, medicine, lavoro e sicurezza è di un'immoralità senza pari» e che la tragedia umanitaria che ha trasformato oggi il Venezuela sino a vent'anni fa il paese sudamericano più ricco in un Sahel senza deserto, potrà essere superata «solo con la caduta della dittatura di Maduro e il ritorno alla democrazia».
La denuncia con annessa minaccia di Almagro è importante perché arriva non dal presidente di un singolo Stato - seppur potente come nel caso di Trump - ma dal segretario generale dell'organizzazione più importante della regione, l'Oea. Ma forse importante lo è ancora di più perché rappresenta la posizione di un uomo di sinistra, già a suo tempo ministro degli Esteri di «Pepe» Mujica, il presidente ex guerrigliero tupamaro dell'Uruguay. Insomma, chi paventa un intervento militare per fini umanitari per salvare milioni di venezuelani allo stremo stavolta non è The Donald, percepito nell'America latina anti-yankee come la peste bubbonica, bensì il «compagno» Almagro.
Difficile dire se il coraggio del segretario generale Oea servirà a salvare qualche venezuelano da morte certa visto che ormai le vittime per inedia si contano a decine, ogni settimana, a Caracas. L'unica certezza è che Maduro non solo non riconosce l'esodo ma, dopo avere accusato Washington di «aver girato una fiction sull'esodo dei venezuelani», la settimana scorsa ha lanciato l'operazione «Vuelta a la Patria», con la quale ha messo a disposizione dei venezuelani emigrati qualche volo di Stato per farli rientrare gratuitamente a Caracas.
Finora la dittatura bolivariana ha inviato aerei in Argentina, Ecuador, Perù e Colombia, rimpatriando un totale di 379 venezuelani. Piccolo problema: tutti i presunti «esuli pentiti» sono scomparsi dai radar dei giornalisti indipendenti subito dopo avere innalzato alle tv di regime Telesur e VTV panegirici degni della Corea del Nord in onore del «sommo presidente Maduro che tanto ci ama» e ripudiando «il capitalismo dei paesi stranieri che ci hanno trattato da schiavi».
«Sostenere una balla coi rimpatri di qualche dozzina quando gli esiliati forzati del Venezuela sono milioni è un atto massimamente immorale», ha risposto ieri Almagro, uno dei pochi politici con un briciolo di etica rimasti a sinistra.
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