L'anno scorso Matteo Renzi poteva permettersi di snobbare gli ospiti di Cernobbio tradendoli con una rubinetteria bresciana. Quest'anno no. La rendita del 40% incassata alle elezioni europee ha iniziato a prosciugarsi e anche la platea del Forum Ambrosetti va seguita, rassicurata, convinta. Di certo, non snobbata. Ecco perché Renzi ieri si è presentato a Villa d'Este accompagnato dall'ex ad di Luxottica e oggi suo consigliere, Andrea Guerra, che molti degli ospiti del Forum conoscono bene. Ed ecco anche perché ha esordito con una lode al mondo finanziario e imprenditoriale.
«L'Italia non è più il problema economico europeo, né dell'economia mondiale, e ha una classe straordinaria di imprenditori che ha resistito alla crisi e ha saputo cogliere successi indipendentemente e nonostante la politica», ha detto il presidente del Consiglio iniziando il suo intervento. Subito proseguito con un autoelogio per il lavoro svolto dal suo governo in questi diciotto mesi. «Abbiamo un obiettivo: rendere più semplice questo Paese. I numeri che abbiamo, lo dice l'Istat, vedono 236mila posti di lavoro in più con un recupero del 25%». Tutto merito della riforma del lavoro, «una riforma considerata impossibile. Oggi l'articolo 18 non c'è più. Certo, se l'avessimo fatta dieci anni fa sarebbe stato meglio. Ma per il mercato del lavoro noi abbiamo fatto in un anno quello che la Germania ha fatto in tre», ha aggiunto lanciando una stoccata (non l'unica, nel suo discorso) alla Merkel. In veste di rottamatore ha ribadito che «il tempo dei salotti buoni è finito». Poi, le metafore sportive: «Siamo rientrati nel gruppo come un ciclista dopo aver forato. Ma non basta, dobbiamo correre più forte per ambire alla maglia rosa». Naturalmente sono ancora molte le cose da fare. «Abbiamo il macigno del debito e non abbiamo le leve di Gran Bretagna e Spagna che negli ultimi anni hanno accresciuto il deficit. Madrid a un media del 6% all'anno: con il 6% si liberano 64 miliardi di risorse, ma non possiamo farlo. Il debito deve scendere non perché ce lo chiede qualcuno, che sia un commissario europeo o la Merkel, ma perché ce lo chiedono i nostri figli». Infine, le tasse: «Dal prossimo anno Imu e Tasi non si pagheranno più, poi nel 2017 toccherà all'Ires e nel 2018 all'Irpef. Renzi ha concluso tra gli applausi il suo intervento citando l'Eni, che ha scoperto una grande giacimento di gas al largo dell'Egitto: «È un simbolo di ciò che può e deve fare l'Italia. Dobbiamo smettere di piangerci addosso. Il tempo degli alibi è finito».
Il discorso di Renzi è stato trasmesso in videoconferenza, ma è stato seguito da un dibattito rigorosamente a porte chiuse e video spenti. Secondo il racconto di chi era presente, raccolto dal Giornale , sono state una ventina le domande arrivate sui temi più svariati dalla sala gremita di economisti, banchieri e imprenditori. Fra gli intervenuti, anche manager chiamati direttamente da Renzi per gestire le società partecipate dal Tesoro: come la presidente di Poste, Luisa Todini, che ha chiesto se il premier intenda o meno riformare il Tar e il Consiglio di Stato (e la risposta è stata «no») o Emma Marcegaglia, numero uno dell'Eni, società già declamata da Renzi nel suo discorso come un faro da seguire. Anche il fondatore di Algebris, nonché finanziatore delle Leopolde, Davide Serra ha alzato la mano interrogando l'amico Renzi. «Più che domande, degli assist: non è arrivata una critica o un rimprovero, né un appello a fare meglio. E soprattutto i manager nominati dallo stesso premiere nelle aziende pubbliche potevano avere almeno il buon gusto di non intervenire», ha malignamente fatto notare qualcuno al termine dell'incontro.
Aggiungendo che «comunque la platea di Cernobbio non può essere considerato un campione rappresentativo del Paese». Di certo però, Renzi gran parte di quel campione l'ha conquistato. Per capirlo basta la battuta finale di un imprenditore: «Se fosse stato un colloquio di lavoro, io l'avrei assunto subito».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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