«Chi vende non è più suo». Nella saggezza popolare di una grande battuta di Mario Monicelli c'è un pezzo del Dna di Silvio Berlusconi. E la spiegazione del perché il Milan resta sotto il suo controllo: l'imprenditore thailandese Bee Taechaubol si deve accontentare del 48% dello squadrone rossonero. Per il quale è disponibile a versare nelle casse della Fininvest una cifra intorno ai 470 milioni di euro. Mentre il 52% resterà in capo a Berlusconi. Questo è il succo del comunicato della Fininvest di ieri, nel quale si parla, è bene sottolinearlo, di «ipotesi di accordo» e di «periodo di esclusiva» di otto settimane per la trattativa con il «consorzio» rappresentato da Mr. Bee. E tale accordo «prevede che il controllo del club rimanga nelle mani del presidente Silvio Berlusconi e della Fininvest». Mentre nessuna opzione o patto per portare in futuro Mr Bee in maggioranza risulta far parte di tale «ipotesi d'accordo».
Così Berlusconi vende, ma non vende. D'altra parte fino al 1998 l'ex premier, per 20 anni, aveva sempre e solo comprato. Case, televisioni, assicurazioni, supermercati. Ma anche i debiti crescono quando si compra e, prima o poi, vanno gestiti. Così è arrivata nel '98 la cessione della Standa, clamorosa proprio perché per la prima volta Berlusconi si privava di qualcosa di suo. Certo, due anni prima c'erano state le quotazioni in Borsa di Mediaset e Mediolanum. Ma in entrambe la Fininvest ha tenuto fino a oggi il controllo. E anche ora, con il Milan, punta a fare la stessa cosa. Anche se il 48%, in una spa, non è proprio nulla: una quota inferiore al 50% non dà il controllo, ma se superiore al 33% permette il «diritto di veto» nelle assemblee straordinarie: senza i voti di Mr. Bee il Milan non potrà deliberare, per esempio, un aumento di capitale.
L'operazione si preannuncia comunque clamorosa. Intanto per la cifra in gioco: il Milan viene valutato più o meno un miliardo di euro. Una cifra enorme se confrontata, per esempio, con il 300 milioni di capitalizzazione di Borsa della Juventus, con i 292 della recentissima valutazione dell'Inter. Ma anche con i 2,5 miliardi del record del Manchester United, che ha 550 milioni di ricavi, il doppio di quelli del Milan.
Inoltre per il gruppo Fininvest questa «ipotesi di accordo» è senz'altro ghiotta. Perché è Fininvest, e non il Milan, a incassare i soldi di Mr Bee. La holding - che fa capo interamente alla famiglia Berlusconi, con la maggioranza saldamente nelle mani di Silvio - controlla il 99,93% del Milan (esistono in circolazione alcuni singoli soci, con in mano alcune azioni assegnate ai tempi della presidenza di Giussy Farina agli abbonati vip). Il Milan è in bilancio a un valore di carico di 361 milioni. Quindi, con la cessione del 48% Fininvest fa cassa per 470 milioni, di cui quasi 300 di plusvalenza che finiranno nella riga dell'utile. Risorse che senz'altro faranno bello il bilancio 2015. Anche perché il regime fiscale delle plusvalenze su partecipazioni storiche prevede che sui 300 milioni di cui sopra, Fininvest sia tenuta a versare solo il 5% della tassazione ordinaria Ires (che è il 27,5%), pari dunque all'1,375%. E un meccanismo analogo si utilizza, in caso di bilancio in rosso, per calcolare il credito fiscale futuro.
Infine, con l'uscita del 48%, dal perimetro di fatto di Fininvest esce anche la stessa quota di perdite annue del Milan, che nei soli ultimi tre esercizi è stata di oltre 120 milioni. Ma che andando indietro nel tempo è costata alla holding diverse centinaia di milioni, sempre regolarmente ripianati con aumenti di capitale. A cui, se tutto andrà bene, ora dovrà pensare anche Mr Bee.
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